Roberto Vecchioni venerdì 4 al Socjale di Piangipane
Federico Savini
«Io non appartengo più alle cose del mio tempo […]. Io non appartengo al tempo del delirio digitale, del pensiero orizzontale, di democrazia totale. Appartengo a un altro tempo scritto sopra le mie dita, con i segni di chitarra che mi rigano la vita». Suona come un j’accuse tanto amaro quanto lucido contro i miti della cosiddetta contemporaneità la canzone che titola l’ultimo album di Roberto Vecchioni, quel «Io non appartengo più» che il professore dei cantautori italiani presenterà dal vivo venerdì 4 alle 21.30 al Teatro Socjale di Piangipane, in quello che è senza dubbio il concerto più atteso della stagione del locale, già sold out da settimane. Vecchio salirà sul palco di Piangipane accompagnato da Lucio Fabbri della Pfm e da un trio d'archi per una versione esclusiva del suo ultimo spettacolo, organico ideale per proporre dal vivo quel «recitar cantanto» - parole sue – che caratterizza un album molto diverso da quello con il quale Vecchioni, a sorpresa, vinse Sanremo nel 2011.
L’occasione del concerto è ghiotta anche perché in quasi cinquant’anni di carriera Vecchioni di canzoni memorabili – ed eseguibili dal vivo anche al Socjale, ci mancherebbe, ne ha scritte un numero difficilmente calcolabile, all’insegna di un eclettismo che si dimostra coi fatti: difficile credere che l’autore dell’intimista Luci a San Siro avesse esordito adattando in italiano la Barbara Ann dei Beach Boys, difficile pensare che l’autore di successi come la folkeggiante Samarcanda e la springsteeniana Voglio una donna sia lo stesso della sigla tv dei Barbapapà. Inoltre Vecchioni è l’unico cantautore italiano ad aver vinto Sanremo, il Festivalbar e il premio Tenco, uno dei pochissimi grandi a non aver mai abbandonato il proprio lavoro «normale» (l’amatissimo insegnamento alle superiori). E’ poi cosa nota – per quanto messa in dubbio da qualcuno – che qualche mese fa Vecchioni sia stato in corsa per il Nobel a fianco di calibri internazionali come Bob Dylan e Leonard Cohen. «La candidatura è già una vittoria – ha detto Vecchioni presentando il nuovo album in conferenza stampa –. De Andrè l’avrebbe meritata molto più di me. La canzone può essere un’altissima forma di poesia. Sono orgoglioso non tanto per me, più che altro per la canzone italiana che finalmente viene riconosciuta».