Governo Renzi, il politologo faentino Ignazi: «Passaggio brutale, aspettiamo le riforme»
«E’ certamente un momento di grande innovazione e di rottura, ma anche di grande inesperienza, con tutti i problemi che possono derivare. Renzi arriva da fuori dall’orbita romana, ma soprattutto è visto come l’unica risorsa possibile di un arco politico-sociale amplissimo per rimuovere il Paese dalla crisi».
Il faentino Piero Ignazi, politologo ed editorialista del gruppo Espresso/La Repubblica analizza così il brusco cambio al vertice del governo italiano, mettendo in chiaro pregi e difetti della «scalata» di Matteo Renzi a Palazzo Chigi.
«Non mi aspettavo un passaggio così brutale, non solo da Renzi, di cui conosciamo l’ambizione sfrenata, ma dalla stessa direzione del Pd che in maniera molto compatta ha finito per licenziare su due piedi Enrico Letta».
Professor Ignazi, quanto rischia di pesare l’inesperienza di Renzi?
«Renzi è arrivato al governo senza essere passato dall’esperienza consiliare o parlamentare. Il leader del Pd è stato eletto alla guida della provincia e del comune di Firenze, e oggi del governo, senza aver occupato i banchi dei consigli locali o del parlamento. Questo particolarissimo percorso non ha eguali nelle democrazie europee. Nei pochissimi casi in cui la premiership è stata affidata a chi non aveva cariche parlamentari si trattava di personalità che esibivano una lunga e prestigiosa carriera in altri ambiti. Ora, tra le tante anomalie italiane, annoveriamo anche questa. Magari, per una volta, sarà una anomalia virtuosa che stupirà per la sua eccezionalità in positivo».
Renzi ora dovrà fare i conti con «la palude» parlamentare, tanto evocata per eliminare Letta e coi piccoli partiti…
«Il problema di Renzi è mantenere la sua carica di “rottura”, la sua capacità innovativa, nel nuovo ruolo che sta per assumere. È evidente il tentativo degli alleati, Alfano in primis, di imbrigliarlo per farne, al massimo, un primus inter pares, che è il ruolo del presidente del Consiglio nel nostro sistema parlamentare. Renzi dovrà adattarsi all’arena parlamentare (bicamerale), ben diversa da quella consiliare, sostanziale supina. Il processo legislativo è enormemente più complesso e farraginoso a livello nazionale, ed anche per il più dinamico e volitivo dei capi del governo sarà difficile forzare significativamente procedure e tempi».
Renzi avrà la stessa maggioranza di Letta, altro elemento non da sottovalutare o no?
«Renzi infatti dovrà imprimere un tasso di innovazione gigantesco per fare dimenticare che il nuovo governo si poggia sulla stessa maggioranza di quello guidato da Enrico Letta. Il programma potrà essere più incisivo e i nuovi ministri saranno forse più motivati avendo un orizzonte temporale probabilmente più lungo, ma il Pd continuerà ad essere ancora affiancato dal Nuovo centrodestra di Alfano e dagli altri cespugli. Il governo non è un monocolore Pd, questo peserà».
Crede al miraggio del governo di legislatura fino al 2018 evocato ai parlamentari dal nuovo premier?
«Io penso che il governo non durerà fino al 2018. Dopo le riforme più importanti (legge elettorale e titolo V della Costitutzione), potrebbe esserci un passaggio elettorale che Renzi cercherà, magari dopo il semestre europeo. Vedremo, la curiosità è tanta, speriamo che ci sia finalmente qualche cosa di stimolante e fantasioso come annunciato in questi anni dal sindaco di Firenze».
Manuel Poletti
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