FAENZA | Caritas, 40% in più di richieste in 4 anni

«Difficile parlare ancora "solo" di crisi. Gli equilibri sociali sono ormai strutturalmente cambiati. E nei prossimi anni avremo a che fare con un ceto medio costantemente sulla linea della povertà. E' la prima volta dal Dopoguerra ad oggi». La situazione la riassume in una frase il direttore della Caritas manfreda, Nerio Tura, presentando i dati 2012 del centro d'ascolto e delle Caritas parrocchiali. «Un cambiamento di prospettiva - prosegue - sul quale ci stiamo interrogando per trovare nuove risorse e forme di accompagnamento nella povertà».
Prima di tutto il nuovo centro d'ascolto che sorgerà nell'autunno del prossimo anno in via D'Azzo Ubaldini, riunendo quasi tutte le funzioni (mensa, alloggio, etc...) del vecchio. Ma anche con iniziative nuove come il sostegno in rete tra famiglie, particolari formule di microcredito o la consulenza nella gestione dei bilanci familiari. Al centro d'ascolto infatti, ultimamente, la gente viene a chiedere un aiuto per pagare sempre più bollette e rate degli affitti. Segno che la povertà sta minando profondamente la stabilità delle famiglie. E non sempre la Caritas può dare una mano. «Per non parlare degli sfratti».
Sul fronte dei numeri, l'anno scorso il centro d'ascolto ha sostenuto 843 persone, circa il 7% in più dell'anno precedente. Ma l'aumento di ospiti rispetto al 2009 è stato del 14,4% e rispetto al 2008 di oltre il 40%. «Vengono sempre più donne - spiega Chiara Lami, l'operatrice che ha redatto il Dossier 2012 - o dai Paesi dell'Est per lavorare nel badantato o dal Magreb con il ricongiungimento».
In termini percentuali, gli italiani rappresentano quasi il 20% del totale degli utenti, in netto aumento sul 2011 (sono passati da 124 a 165 in un anno, è l'aumento più rilevante dal 2001 ad oggi). «Oltretutto gli italiani per vergogna o legami sul territorio tendono a rivolgersi più alle Caritas parrocchiali», dove in effetti sono quasi il 29% del totale. Tra gli stranieri le nazionalità più presenti sono quella marocchina (il 13,8% del totale) e tunisina (il 12,7%). «Pian piano sta aumentando la comunità nigeriana mentre sono diminuiti i tunisini, forse per via della fine della Primavera Araba», chiarisce Lami.
Anche la fine dell'emergenza Nord Africa con la partenza di 20 dei 32 rifugiati ospitati fino a pochi mesi fa sul territorio (gli altri 10, alcuni lavorano, altri stanno finendo il tirocinio lavorativo) ha contribuito a questo dato. In aumento, poi, l'accesso dei giovanissimi (19-24 anni) al centro d'ascolto, spiega Lami: «forse a causa della mancanza di ammortizzatori sociali per questo target».
Come gli anni scorsi, le richieste si concentrano soprattutto sull'aspetto alimentare (mensa e pacco viveri), l'alloggio e il vestiario, ma la Caritas li segue anche con supporto psicologico (da questo punto di vista è appena partito un progetto in collaborazione con il Sert e il Simap dedicato alle persone più fragili), optometristico e legale. Lievemente diversi i dati che arrivano dalle 19 Caritas parrocchiali, che supportano più italiani e anche molte persone che ancora lavorano (il 38%) ma che non riescono a raggiungere un reddito di sussistenza.