SPECIALE ELEZIONI | Dal Dopoguerra ad oggi, tutti i parlamentari di casa nostra
La provincia di Ravenna ha inviato suoi rappresentanti in Parlamento fin dai primi passi della Repubblica, uomini e donne che hanno saputo portare nei più alti consessi le migliori tradizioni di laboriosità, di impegno civile e democratico e di passione politica di questa parte d'Italia. Prima di addentrarci nell'elencazione di nomi, appartenenze ed incarichi, è doverosa una premessa. Una ricerca simile ha per forza di cose confini sfumati dovuti a più fattori: i trasferimenti per scelta personale o per ragioni legate al lavoro e alla professione, le decisioni delle forze politiche e gli accordi nell'ambito delle alleanze sancite di volta in volta, i diversi sistemi elettorali succedutisi nell'arco di quasi 70 anni.
Abbiamo deciso di dar conto di tutti, o quasi. Quelli nati in questo territorio ovviamente, ma considerando «nostri» anche quanti, pur nati altrove, hanno vissuto in questa provincia la loro vita pubblica meritando la fiducia e il mandato a rappresentarci.Consulta e Costituente
Presieduta da Ferruccio Parri, nel settembre 1945 si insedia la Consulta nazionale, un'assemblea provvisoria chiamata ad esprimere pareri sulle decisioni assunte dal governo sui temi di maggiori rilievo in attesa di indire le elezioni per il nuovo Parlamento. La compongono gli ex parlamentari antifascisti, i rappresentanti dei partiti che si riconoscono nel Comitato di Liberazione nazionale, dei sindacati, delle professioni, della cultura e dei reduci. Tre sono ravennati: Arrigo Boldrini, Giuseppe Fuschini e Giovanni Mazzotti.
Decorato di Medaglia d'oro al valor militare per il ruolo svolto nella Resistenza, Boldrini (1915-2008) viene dalle fila del Partito comunista. Fuschini (1883-1 949) è un avvocato democristiano, primo presidente nel 1905 della Lega democratica nazionale, il movimento cattolico fondato da don Murri. Medico ed esponente del Partito liberale, Mazzotti (1876-1947) è presidente della Cassa di Risparmio di Ravenna.
Le elezioni del 2 giugno 1946 designano i 556 membri della Costituente, l'assemblea alla quale sono demandati compiti fondamentali: redigere la nuova Costituzione, votare la fiducia al governo, approvare le leggi di bilancio e ratificare i trattati internazionali. Deputati per la Costituente sono i tre già nella Consulta più due faentini: Pietro Nenni e Benigno Zaccagnini.
Nenni (1891-1979), socialista dal 1921, è stato direttore dell'Avanti! fino alla soppressione della libertà di stampa, fuoruscito in Francia, nelle Brigate Internazionali durante la guerra civile spagnola, condannato al confino e a capo del Partito socialista di unità proletaria nell'Italia liberata. Eletto per la Democrazia cristiana, Zaccagnini (1912-1989) è un giovane medico cattolico animatore in Romagna della lotta di Liberazione.Le prime Legislature
La I Legislatura si insedia l'8 maggio 1948, composta da deputati e senatori eletti il 18 aprile. I rappresentanti della provincia di Ravenna - li consideriamo tali anche se alcuni sono ormai figure di rilievo nazionale - restano cinque: Boldrini, Fuschini, Nenni e Zaccagnini alla Camera e un ragioniere di Mezzano al Senato, Rodolfo Salvagiani (1897-1979), eletto nelle liste del Partito comunista. Cooperatore con Nullo Baldini e dirigente della Federazione delle Cooperative, Salvagiani è stato perseguitato e bastonato dai fascisti, ha partecipato alla lotta di Liberazione per poi ricoprire incarichi pubblici e nella Federazione comunista ravennate.
Gli italiani tornano a votare il 7 giugno 1953 per eleggere i parlamentari della II Legislatura. A Boldrini, Nenni e Zaccagnini - già in Parlamento - si aggiunge il lughese di Giovecca Ennio Cervellati (1906-1992), un antifascista più volte condannato al carcere e al confino, partigiano, primo segretario della Federazione del Pci e consigliere provinciale nell'immediato dopoguerra.
Lo stesso Cervellati passa al Senato, sempre nel gruppo comunista, nella III Legislatura i cui lavori iniziano con la seduta del 25 giugno 1953. Nell'aula di Palazzo Madama, sui banchi del gruppo Dc, siederà di lì a qualche mese il faentino Guglielmo Donati (1909-1971), preside del Liceo scientifico e figura di spicco del mondo cattolico, che succede al senatore Giovanni Braschi scomparso nel gennaio del '59. Alla Camera restano Boldrini, Nenni e Zaccagnini.
Questi ultimi figurano fra i deputati nei rispettivi gruppi - comunista, socialista e democristiano - nel maggio 1963 anche con l'avvento della IV Legislatura. Nuovo arrivato a Montecitorio è il lughese Giordano Marchiani (1924-1996), un impiegato laureato in giurisprudenza eletto nelle liste della Dc. Al Senato torna Guglielmo Donati, rieletto con un numero altissimo di preferenze.Sette parlamentari
La V Legislatura - si vota per le «politiche» il 19 maggio 1968 - segna un significativo incremento della rappresentanza della provincia di Ravenna in Parlamento. Accanto a quelli che potremmo definire «i tre Moschettieri» - Boldrini, Nenni e Zaccagnini - e al senatore Donati riconfermato al Senato, fanno il loro ingresso nelle aule parlamentari tre volti nuovi: Mario Li Vigni e Agide Samaritani a Palazzo Madama e Walter Sabadini a Montecitorio. Li Vigni (1924) è un avvocato siciliano di Piazza Armerina cresciuto come personalità politica nel ravennate; esponente del Partito socialista di unità proletaria (passerà poi al Pci), è stato presidente della Provincia e della Federazione delle Cooperative. Samaritani (1921-1969) è di Alfonsine; partigiano, nel dopoguerra è stato alla guida delle Federazioni del Pci di Rimini, Macerata e infine di Ravenna, città dove è stato consigliere comunale oltre che segretario della Cgil. Avvocato è anche Sabadini (1924-2001), ravennate eletto come i due precedenti nella lista del Pci.
Con la VI Legislatura, risultato del voto del 7 maggio 1972, la provincia di Ravenna - mettendo nel conto gli ormai veterani Boldrini, Zaccagnini e Pietro Nenni, passato dalla Camera al Senato - torna a contare su sette parlamentari. Confermati Li Vigni e Sabadini (anche quest'ultimo eletto senatore), i nuovi nominati sono il lughese Gianni Giadresco e il faentino Elio Assirelli. Giadresco (1927-2005) è stato giovane partigiano a fianco di Boldrini; oltre che segretario della Federazione comunista, è una buona penna alla quale si devono pubblicazioni sulla storia della Resistenza in pianura e nelle valli. Funzionario del ministero delle Finanze, Assirelli (1923-2009) ha alle spalle l'impegno antifascista nelle fila cattoliche, un ruolo fra i fondatori della Cisl e un lungo periodo da sindaco in cui Faenza ha conosciuto un'importante fase di sviluppo; entra a far parte del gruppo Dc a Palazzo Madama.
Poche le novità che si registrano con l'avvio della VII Legislatura, il cui insediamento è del 5 luglio 1976. Confermati alla Camera Giadresco per il Pci e Zaccagnini per la Dc, confermati al Senato il democristiano Assirelli, i comunisti Boldrini e Li Vigni e il leader socialista Nenni.Una deputata, finalmente
Le elezioni politiche del 3 giugno 1979 preludono all'insediamento dell'VIII Legislatura. Assieme ai riconfermati Giadresco e Zaccagnini, esordiscono alla Camera per il Pci la faentina Giovanna Bosi Maramotti (1924-1996), un'insegnante trasferitasi a Ravenna dove ha ricoperto più incarichi pubblici a Palazzo Merlato, e il repubblicano lughese Gianni Ravaglia (1943), impegnato con ruoli di direzione nel movimento cooperativo. Al Senato restano Boldrini e Nenni.
La IX Legislatura segue la consultazione elettorale del 26 giugno 1983. Già assieme nella Resistenza e alla Camera, si ritrovano al Senato Boldrini e Zaccagnini, mentre a Montecitorio - oltre ai riconfermati Bosi Maramotti, Giadresco e Ravaglia - entrano il liberale Antonio Patuelli e Massimo Serafini. Patuelli (1951) è un imprenditore agricolo di origini bolognesi laureato in giurisprudenza; eletto nelle liste del Pci, Serafini (1942) è di Alfonsine e viene dal gruppo del Manifesto e dal Pdup, il Partito di unità proletaria per il comunismo.
Si arriva alla X Legislatura dopo la caduta del 2º governo Craxi e in piena crisi del «pentapartito» (Dc, Psi, Pri, Psdi e Pli). L'insediamento delle nuove Camere, elette il 14 giugno, è del 2 luglio 1987. Boldrini torna sui banchi del Senato e della pattuglia dei deputati fanno parte - con i riconfermati Patuelli per il Pli, Ravaglia per il Pri e Serafini per il Pci - due nuovi deputati: Giordano Angelini e Franco Ricci. Sindaco di Ravenna dal 1980, Angelini (1939) è laureato in giurisprudenza ed è stato segretario della Federazione comunista. Ricci (1948) è un lughese eletto per la Dc nel collegio di Bologna.Le Legislature brevi
Destinata ad essere la più breve della storia dell'Italia repubblicana - 721 giorni in tutto - per essere naufragata sugli scogli di Tangentopoli, l'XI Legislatura inizia i suoi lavori il 23 aprile 1992. Sui banchi della Camera tornano Angelini e Ravaglia assieme al nuovo eletto Davide Visani. Nato a Massa Lombarda, Visani (1942-1995) è stato assessore provinciale alla pubblica istruzione, segretario regionale del Pci e coordinatore della segreteria nazionale del Pds, il Partito democratico della sinistra nato dalla «svolta della Bolognina». Al Senato troviamo ancora Arrigo Boldrini, al suo ultimo mandato, e il democristiano Franco Ricci passato da Montecitorio a Palazzo Madama.Dopo Tangentopoli
Si torna alle urne il 27 e il 28 marzo del 1994 per un'altra Legislatura, la XII, destinata anch'essa a chiudersi anti tempo. La provincia di Ravenna invia a Roma quattro deputati e un senatore: ai riconfermati Angelini e Visani si aggiungono i neoeletti a Montecitorio Fulvia Bandoli e Paolo Galletti. A Palazzo Madama, sempre per i Progressisti, va Pierpaolo Casadei Monti. Bandoli (1952) è di Bagnacavallo, laureata in filosofia ed impegnata nei movimenti pacifici ed ecologisti. Entra nel gruppo dei Progressisti come Galletti (1960), bibliotecario di Lugo, già consigliere regionale e fra i fondatori dei Verdi italiani. A seguito della prematura scomparsa di Visani, si tengono elezioni suppletive dalle quali esce il nome di Elsa Signorino, ravennate laureata in pedagogia, che entra a Montecitorio nel maggio 1995, anch'ella fra i Progressisti. Casadei Monti (1931-1996) è un giudice e docente di diritto nato in provincia di Pavia, membro del Consiglio superiore della magistratura e della giunta dell'associazione nazionale magistrati.
Caduto il primo governo Berlusconi, le «politiche» per la XIII Legislatura si tengono il 21 aprile 1996. La provincia di Ravenna conferma gli onorevoli Angelini, Bandoli, Signorino e Galletti per l'Ulivo. A seguito della rinuncia di chi la precede fra gli eletti della Lega Nord, va a Montecitorio anche la faentina Daniela Santandrea (1958). Un mese dopo l'insediamento delle Camere, muore in un incidente stradale il senatore Casadei Monti. Il suo posto verrà preso dal ravennate Aldo Preda (1940), dirigente dell'Iacp e della cooperazione di matrice cattolica.
Senatori e deputati per la XIV Legislatura vengono eletti con la consultazione del 13 maggio 2001. Dalla provincia di Ravenna tornano a Roma Fulvia Bandoli alla Camera e Preda al Senato. Ed entra a Montecitorio per la prima volta, anch'egli per la coalizione di centro-sinistra, il faentino Gabriele Albonetti (1951), laureato con alle spalle due mandati da presidente della Provincia.
Siamo ormai ai giorni nostri. La XV Legislatura si apre il 28 aprile 2006 dopo che le elezioni di due settimane prima hanno visto prevalere di stretta misura l'Unione, la coalizione di centro-sinistra guidata da Romano Prodi. Tornano alla Camera Gabriele Albonetti e la Bandoli e vi entra un terzo neodeputato: il fusignanese Gianluca Pini (1973), imprenditore originario di Bologna e segretario della Lega Nord Romagna. Due i nuovi eletti al Senato: il ravennate (nato a Forlì) Vidmer Mercatali per i Democratici di sinistra e il faentino Martino Albonetti per Rifondazione comunista. Mercatali (1949) è stato assessore in Provincia e sindaco di Ravenna dal 1997 al 2006. Laureato in lettere e storia, insegnante, Martino Albonetti (1966) è al momento della sua elezione il più giovane senatore di sempre.
Si andrà alle elezioni politiche il 24 e 25 febbraio dopo che il presidente della Repubblica ha sciolto il 22 dicembre scorso la XVI Legislatura. Una Legislatura che ha visto la rappresentanza della nostra provincia ridotta a tre soli parlamentari: Gabriele Albonetti e Gianluca Pini alla Camera, Vidmer Mercatali al Senato.Nessun voltagabbana
Giunti al termine della lunga rassegna, alcune considerazioni di ordine generale si impongono. La prima: al di là delle appartenenze politiche, quanti ci hanno rappresentato dal 1945 ad oggi sono stati all'altezza del mandato loro conferito. Alcuni hanno ricoperto ruoli di primo piano: Nenni vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri, Zaccagnini sottosegretario in dicasteri chiave di più governi. Sottosegretari sono stati anche Angelini e Ravaglia. Boldrini è stato vicepresidente della Camera e Gabriele Albonetti questore anziano a Montecitorio in anni a dir poco difficili per la vita politica. Basta scorrere le cronache dei lavori parlamentari per rendersi conto che pressoché tutti hanno portato un contributo assiduo e significativo nei dibattiti in aula, nelle commissioni permanenti e parlamentari, avanzando proposte di legge e per l'adozione di provvedimenti concreti su temi che spaziano su arco molto ampio di questioni.
La seconda: nessuno dei «nostri» parlamentari è stato coinvolto in scandali, nessuno è passato disinvoltamente da un campo all'altro. Dalle nostre parti, si sa, vige un concetto di «responsabile» diverso da quello invocato altrove; dalle nostre parti essere bollati di «voltagabbana» equivale ad una macchia difficile da cancellare.
La terza: poche donne sono arrivate in Parlamento dalla provincia di Ravenna. Il ruolo che esse qui svolgono da sempre nella società, nel mondo del lavoro e delle professioni, nello stesso impegno politico e amministrativo, avrebbe dovuto trovare rispondenza maggiore anche nelle aule del Parlamento.
Infine, quarto, il cosiddetto «porcellum» - oltre a minare pericolosamente il rapporto fra cittadini e politica - ha finito per penalizzare la rappresentanza della provincia di Ravenna, passata dai cinque-sette senatori e deputati dei decenni passati ad appena tre. Una ragione in più per cambiarlo.