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Dalle feste dell'Unità e dalle sagre di paese negli anni '80 e '90, fino ai palcoscenici di prestigiosi teatri italiani, al piccolo schermo con Zelig e al cinema comico d'autore. E' questa la parabola ascendente del cabarettista romagnolo Giuseppe Giacobazzi, al secolo Andrea Sasdelli, nato ad Alfonsine cinquant'anni fa, che sabato 23 febbraio, alle 21, si presenta al teatro Goldoni di Bagnacavallo con Apocalypse, il suo ultimo spettacolo che sta portando in tournée per l'Italia, ottenendo ottimi riscontri di pubblico e critica.
«All'inizio della mia carriera interpretavo una macchietta, lo facevo quasi come un gioco - racconta Giacobazzi -. Il mio personaggio si ispirava al romagnolo medio con tutti i suoi pregi e i suoi difetti, ovviamente amplificati e posti sotto una luce farsesca. E' questa comicità popolare che mi ha fatto da base, e da qui sono partito per evolvere e approdare a una vis comica di tipo cabarettistico, puntando soprattutto alla satira di costume e dando agli spettacoli un respiro più ampio, quasi globale, non più ancorato a un particolare territorio, che nel mio caso ovviamente è la Romagna».
Oggi però l'orizzonte è più largo.
«Sì, credo che la chiave del mio attuale successo sia quella di essere riuscito a trovare un linguaggio che si rivolge a tutti. Questo mi ha permesso di non fossilizzarmi in un unico personaggio macchiettistico. La cosa sarebbe stata molto limitante per la mia carriera».
Di cosa parla Apocalypse?
«In Apocalypse, spettacolo da me scritto e interpretato, mi dedico a un monologo di oltre due ore. La sfida è quella di cercare di non scendere mai di tono, ed è uno sforzo notevole. In questo monologo cerco di analizzare l'attualità italiana il più lucidamente possibile, e senza lesinare in ironia e sarcasmo. Quindi passo dai reality show ai telegiornali, dalla pubblicità alle mode del momento. In tutto questo, trovano spazio anche miei ricordi personali. Altri argomenti che tratto durante lo show sono le differenze tra i sessi. Poi c'è una lettura di Men's Health che, da quel che vedo, il pubblico trova particolarmente divertente, forse perché è una cosa molto globalizzante».prosegue su settesere in edicola il 22 febbraio
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