Moda, positivo il primo anno dell'Arcari e co. di Granarolo (ex Gfm) e prospettive di crescita

Faenza | 27 Gennaio 2017 Economia
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Primo anno positivo di attività per l’Arcari e co. di Granarolo Faentino (la sede è all’ex zuccherificio, stupendo esempio di riutilizzo di un’ex area industriale), impresa del settore moda nata dalle ceneri di Gfm (di proprietà del fondo Opera, in concordato liquidatorio) che produce gli storici marchi - tutti di proprietà - Ter et Bantine (con capi di fascia alta) e Hache (fascia medio/alta) oltre al neonato Avn (più giovane e veloce), tornati di fatto in mano alla vecchia gestione che li aveva creati e resi importanti. La compagine societaria è ad assetto familiare, con da quattro soci: la creatrice dei marchi Manuela Arcari, il marito David Agus, Gianfilippo e Federica Gherardi, entrambi figli di Manuela.
Delle 77 persone in organico a fine 2014, Arcari e co. è ripartita con 19 persone e oggi sono 23 con un fatturato di 5 milioni di euro (Gfm ne faceva oltre 15). «Ci siamo impegnati ad assumere per tre anni le persone lasciate a casa dalla gestione che ha portato alla liquidazione di Gfm - spiega l’amministratore delegato David Agus -. Solitamente il tempo è meno di due anni, ma non siamo dei benefattori: conosciamo bene tutte le persone che lavoravano qui e sappiamo quanto valgono».
«Siamo contenti che non si sia disperso completamente quel capitale umano che c’era in Gfm e il fatto che a guidarla sia una gestione esperta del settore - commenta Roberta Ceroni della Femca Cisl Romagna -. Ci sono le condizioni di base per una crescita e finora hanno ottemperato agli impegni presi. La speranza è di avere una nuova impresa capace di crescere e con essa di dare risposta in breve tempo ad altri di quei lavoratori rimasti a casa dopo la fallimentare gestione del fondo Opera nell’ultimo periodo».

LA STORIA
«All’inizio degli anni Duemila facevamo parte del Gruppo Burani, eravamo dentro la branca Antichi Pellettieri con aziende del tipo Braccialini, Bandinini, Mandarina Duck e altre - ripercorre Agus -. Noi eravamo l’unica realtà di abbigliamento ed è stata una scelta strategica stare lì. Poi, a causa di una difficoltà di accesso al credito del gruppo, siamo stati ceduti: fummo i primi, in quanto producevamo margini e per questo eravamo i più facili da vendere. A rilevare Gfm fu un fondo di private equity Opera Sgr fondato da Trapani, proprietario di Bulgari, con la cui gestione abbiamo convissuto bene. Eravamo in compagnia di Magli, Itama, Sector e molte altre eccellenze del Made in Italy». 
Il fondo fu poi venduto «a un ex manager dell’Olivetti, Michele Russo - continua l’amministratore delegato -. Nel 2014, dopo i primi 5 anni in cui tutto funzionò regolarmente, ci hanno chiesto un piano che prevedesse un raddoppio del fatturato. Abbiamo chiesto strumenti adeguati, presentato un business plan realistico, pulendoci da alcune scorie come molti marchi in licenza imposti dal fondo che bruciavano i margini di Ter et Bantine e Hache. Non fu apprezzato e, visto che scadevano i patti parasociali, non confermarono alla guida stilistica Manuela e me a quella dell’azienda. Noi eravamo soci di Gfm al 20% dai tempi di Burani e proponemmo due strade: l’acquisto delle loro quote, ma ci chiesero una cifra spropositata, o la vendita delle nostre, ma non erano in grado di acquistarle. Così restammo soci e a inizio 2015 ci informammo dell’andamento. Tramite lo studio Gnudi avevamo informato il fondo che avevamo intenzione di intentare un’azione di responsabilità, ma a quel punto ci proposero di acquistarla visto che stavano portando Gfm in concordato. Mia moglie ed io ci ragionammo un attimo, poi accettammo».
La scelta fu mossa «da tre elementi: l’amore per i marchi Ter et Bantine e Hache, un grande amore e il rispetto per le persone che lavorano qua, e soprattutto dare un futuro ai nostri figli Gianfilippo e Federica, avuti da Manuela dal precedente marito, che entrambi lavorano in azienda. Gianfilippo cura come designer una linea di ottimo successo che si chiama Avn, mentre Federica segue il mercato statunitense dagli Stati Uniti».
La formula fu l’affitto con l’obbligo di acquisto. «Il 16 ottobre 2015 abbiamo ripreso il controllo dei marchi e dell’azienda, e il 26 settembre 2016 abbiamo rogitato. Un’azienda come questa, di alto profilo ma piccole dimensioni, la guidi con le porte aperte, girando, sapendo, risparmiando e spendendo, spendendo e risparmiando: devi guidarla a vista».

EXPORT E PROSPETTIVE
Le prime collezioni del nuovo corso di Ter et Bantine ed Hache, disegnate nuovamente da Manuela Arcari, sono state quelle invernali 2016/2017. Trascinate dall’export, che rappresenta circa il 75/80% del fatturato, «abbiamo avuto un’ottima risposta dei clienti e soprattutto non ci hanno mollato i grandi distributori asiatici Corea del Sud, Giappone e Cina, mentre un po’ di resistenza l’abbiamo avuta nei mercati italiano e francese - conclude Agus -. Nella seconda stagione, che stiamo producendo ora, sono rientrati anche gli italiani, visto che abbiamo il mercato più frammentato, colto e fitto del mondo».
Per il 2017 l’obiettivo è far crescere il giro d’affari, raggiungendo un fatturato «di 7 milioni di euro e migliorare ancora nel 2018», con conseguenze positive sull’occupazione.


Christian Fossi
In alto la sede all'ex zuccherificio di Granarolo Faentino (foto Tassinari)
Sotto David Agus con alle spalle la moglie Manuela Arcari
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