Salgado, mostra di punta, altre esposizioni a Ravenna e Cotignola
![salgado-mostra-di-punta-altre-esposizioni-a-ravenna-e-cotignola](/inc/scripts/crop.php?img=https://backoffice3.titanka.com/verticalizzazioni/4897/254/upload/1478088227_ss22salgado_iceberg.jpg&w=420&h=248)
La Mostra con la emme maiuscola di questo inizio inverno in Romagna sarà sicuramente l’esposizione di Forlì Genesi (fino al 29 gennaio, chiesa di San Giacomo), del fotografo Sebastião Salgado, che bisserà il successo della stagione scorsa di Steve McCurry.
Genesi rappresenta il processo di «rigenerazione» del fotografo brasiliano dopo che per 30 anni ha girato i 5 continenti, con una particolare attenzione a America Latina e Africa. Il viaggio fra i più poveri del mondo affatica gli occhi di Salgado, a cui i medici consigliano di interrompere il lavoro e di dedicarsi a altro: torna in Brasile dove il suo impegno va alla riforestazione della regione in cui abitava da bambino e questo lo riconcilia con la vita e con la terra. Nasce così Genesi 245 fotografie in bianco e nero realizzate in dieci anni tra gli angoli incontaminati del pianeta, dalle Galapagos tra tartarughe giganti, iguane e leoni marini alle zebre e agli animali selvatici in Kenya e Tanzania, fino alle popolazioni indigene ancora vergini come gli Yanomami e i Cayapó dell’Amazzonia brasiliana.
Il nuovo progetti quindi non è più incentrato sulla denuncia della sofferenza umana, ma sulla preservazione del nostro pianeta e dell’ambiente. Con i suoi bianco e nero di grande potenza, Genesi è un atto di amore verso la Terra, ma anche un grido di allarme e un monito.
La scelta della luce, la capacità compositiva, il gioco di sfumature tra primi piani nitidi e sfondi sfocati o, più frequentemente, «fumosi», sono elementi che concorrono nel creare fotografie a metà tra descrizione e suggestione, che si tratti di vulcani, trichechi o persone.
A Ravenna inaugura sabato 5 alle 18 al Museo d’arte della città di Ravenna la mostra La casa di Nostra Donna, immagini e ricordo di Santa Maria in Porto Fuori (fino all’8 gennaio), a ricordare lo stesso giorno in cui la chiesa venne distrutta da un bombardamento alleato, distruggendo l’importante ciclo di affreschi attribuito a Pietro da Rimini. Attraverso la ricerca di immagini e studi dal ‘700 a oggi, l’esposizione ricostruisce attraverso video ed elaborazioni virtuali l’aspetto della basilica e della sua decorazione trecentesca.
Si aggiungono due video: un filmato autoriale, girato nello “spazio digitale” dal regista e poeta Stefano Massari e un documentario che raccoglie le testimonianze viventi della chiesa, della sua vita sociale e devozionale e della sua distruzione (ricerche di Elena Pirazzoli, regia di Fabrizio Varesco).
Tra Ravenna (fino al 20 novembre, Museo nazionale, Museo arcivescovile, Palazzo Rasponi dalle Teste) e Cotignola (fino al 13 novembre, palazzo Sforza) è visibile, in varie sedi, la mostra Lacrime di Lucia Nanni, a cura di Giovanni Gardini e Massimiliano Fabbri,
Il lavoro artistico di Nanni corre sul filo della memoria: lo spunto nasce da una passeggiata al cimitero e una sosta all’ossario, luogo per eccellenza della memoria collettiva. L’opera di Nanni permette il riaffiorare di volti, uomini e donne, giovani e anziani, affiancati a testimoni di oggi che, fotografati da Luca Gambi, hanno accettato la sfida di confrontarsi con questa umanità del passato. Si tratat di 200 ritratti, una sorta di Spoon River ravennate, che emerge dall’intreccio di fili di cotone con vari materiali: tulle e canapa. Ciascun ritratto è diverso dall’altro, dal bambino che dorme, al giovane stroncato nel fiore degli anni, ai volti austeri di fine Ottocento. Un vero e proprio percorso nella memoria collettiva di una comunità che affronta in modo antropologico il tema della morte, cruciale per tutti, credenti e non credenti.