Nadia Carboni: "Città del futuro, serve un Piano strategico romagnolo"
Secondo gli ultimi studi della London School of Ecomics, nel 2050 il 75% della popolazione globale vivrà nelle città. Con questo tasso di crescita, le città si troveranno a giocare un ruolo chiave nel tentativo di risolvere questioni rilevanti che vanno dai dati alle informazioni design-localizzate, dall’infrastruttura pubblica potenziata dal cloud all’innovazione guidata dai cittadini e alla cooperazione per le soluzioni intelligenti: un puzzle complesso, la cui soluzione non può prescindere da una visione integrata, sistemica e condivisa con il territorio del futuro delle città.
Alle nostre città è sempre più chiesto di dotarsi di capacità strategiche e progettuali fortemente incisive e di adeguare rapidamente i processi decisionali e operativi a contesti in continuo cambiamento. Ogni sistema territoriale è chiamato ad essere intelligente, flessibile e veloce, tanto nelle sue scelte strategiche, quanto nella sua infrastruttura operativa: da una parte la capacità di adattarsi e rispondere alle emergenze (la cd. resilienza), dall’altra la capacità di elaborare strategie e soluzioni con una forte e chiara visione di medio-lungo periodo.
Per le città e i territori che intendono reagire alle sfide poste dai cambiamenti, rilanciando il proprio ruolo e le proprie strategie di sviluppo, è quindi essenziale definire – anche con sperimentazioni – un’agenda e una visione comune per il futuro. In questo contesto la democrazia della partecipazione può essere un esercizio su cui costruire politiche territoriali o urbane all’altezza delle sfide che le città devono affrontare. Processi partecipativi orientati alla ridefinizione dei programmi di sviluppo locale con una visione di futuro, possono costruire quel capitale di fiducia su cui ogni comunità deve poter contare per affrontare il cambiamento.
Uno degli strumenti di cui dispongono comunità e istituzioni locali è il Piano Strategico che può avviare un processo di partecipazione dei cittadini alla costruzione del futuro della propria città. Gli obiettivi e le azioni per lo sviluppo della città sono individuati attraverso un confronto pubblico e riassunti in un documento programmatico che disegna le tappe in una prospettiva di lungo termine. Si potrebbe definire un puzzle che si compone solo se ciascuno si rende disponibile a portare la sua tessera al momento opportuno, collocarla nel posto giusto, nel rispetto del lavoro fatto dagli altri.
Il piano strategico consente la messa a fattor comune di diverse pianificazioni e progettualità, di obiettivi e strumenti differenti, tentando di farli dialogare e di trovarne un indirizzo comune e una realizzazione cooperativa. Poiché strettamente legata alle politiche di sviluppo delle città, la pianificazione strategica può inoltre favorire e potenziare la multidisciplinarietà e l’inter-settorialità dei processi di produzione delle politiche pubbliche: le politiche locali sono sempre più interconnesse tra di loro, laddove i problemi legati al territorio acquistano un carattere multidimensionale e necessitano di soluzioni innovative e creative favorite da processi di cross-fertilization dei saperi e delle competenze, come quelli che stanno emergendo negli ultimi anni attraverso la modalità del coworking o la creazione dei living lab.
La pianificazione strategica ha dimostrato, laddove è stata costruita con il territorio in maniera consapevole e responsabile, di essere non solo uno strumento per lo sviluppo, ma anche un acceleratore e attrattore di risorse e processi. A livello internazionale e nazionale numerosi sono gli esempi di successo: Barcellona ad oggi è al quinto piano strategico con 27 anni di pianificazione alle spalle; Torino, prima città italiana a dotarsi di un piano strategico alla fine degli anni Novanta, è oggi al terzo piano strategico, trasformandosi da fulcro industriale, manufatturiero e produttivo a città universitaria, centro di ricerca, capitale della cultura e dello sport.
Un piano strategico per Ravenna, e a livello più ampio per la Romagna, potrebbe rappresentare uno strumento essenziale per rispondere alla necessità di una visione comune e condivisa di un territorio che si dota di strategie integrate sui settori di policy più rilevanti, come in parte già sta accadendo con l’area vasta della sanità e del turismo ad esempio. Una pianificazione di area vasta sarebbe in grado di favorire la creazione di obiettivi e strumenti comuni, che non prescindono dalle singole identità e vocazioni, ma anzi le rafforzano in percorsi condivisi, a cui contribuiscono proprio le diverse specializzazioni dei territorio, così come disegnate anche dal piano operativo regionale (Por), attraverso la strategia di specializzazione intelligente (smart specialization).
Ravenna e tutte le città della Romagna hanno bisogno, in un quadro congiunturale di profondo cambiamento, di reinventare il proprio futuro e di rinnovare il proprio modello di sviluppo, valorizzando l'eredità del passato per affrontare le nuove sfide del presente.
*Nadia Carboni, ricercatrice, già Project Manager di Ravenna2019