Sandro Bassi
Con un bizzarro - ma per nulla spiacevole - accostamento fra arcaismo e tecnologia, tradizione e modernità, suggestioni campagnole e futurismi mediatici, è stata presentata a Cotignola l’ottava edizione de «l’Arena delle balle di paglia», che prenderà il via giovedì 14 luglio. In realtà già sabato 9 ci sarà l’appuntamento per la raccolta delle balle, in orario proibitivo (5.45, poco dopo l’alba), presso il podere Patuelli in via Cenacchio, dove l’asfalto incontra le acque del Cer. Si tratta della fondamentale preparazione del luogo, effettuata dai volontari ma aperta a chiunque voglia collaborare.
Ma torniamo al contrasto, fascinoso ed esaltato dalle parole del presidente di Primola (associazione promotrice dell’evento) Mario Baldini, che non ha mai smesso di rimarcare la «spiritualità» dell’Arena: «Non abbiamo obiettivi commerciali, non ce ne frega niente della quantità dei partecipanti ma della qualità! Vogliamo che tutti stiano bene, che siano felici, perché solo nella ricerca della felicità è il segreto del nostro successo...».
Le parole di Baldini risuonano nel capannone di Casa Ercolani, un luogo vero, datato 1927 e dotato di tutti i suoi attrezzi (tra cui un vecchio montacarichi per le balle di paglia, ancora funzionante), odoroso di stallatico, di rugiada e della paglia sparsa sul pavimento. Il capannone Ercolani, che verrà utilizzato come teatro anche durante l’Arena, trasuda memorie di lavoro, di civiltà contadina e di guerra (sulle pareti ci sono ancora i segni delle schegge del 1944).
Baldini abolisce parole come location, così come land art, sostituita da «arte di terra e di fiume», per presentare la manifestazione che quest’anno si ispira a Il mondo magico, scritto dal celebre etnologo Ernesto De Martino proprio a Cotignola fra 1944 e 1945, fra i bombardamenti alleati e la disperata resistenza dei tedeschi che qui tennero il fronte dal dicembre ’44 (liberazione di Faenza) e i primi di aprile ’45 (insurrezione in tutto il nord Italia). Il tema è particolarmente interessante, soprattutto per la biografia dell’autore: il giovane De Martino, ordinario di storia e filosofia in un liceo romano, si trovava sfollato a Cotignola dal 1943 e fu chiamato a sostituire un docente del «Torricelli» di Faenza, Sante Alberghi, arrestato il 22 gennaio ’44 per sospetto antifascismo. De Martino esercitò il suo magistero - e porto gli studenti alla maturità - nell’anno più drammatico di tutta la storia dell’istituto: i verbali degli esami, che portano la sua firma, testimoniano delle numerose interruzioni dovute agli allarmi aerei e si svolsero con due mesi di anticipo, il 4 e 5 maggio anziché ai primi di luglio. Il tutto è impreziosito anche dalla dedica che lo stesso De Martino aggiunse al libro poiché il manoscritto «Fu miracolosamente salvato dalle macerie di Cotignola del 1945».
E cosa c’entrano De Martino e la sua magia con l’Arena e la paglia? C’entrano, eccome. Basti citare la magia come componente antropologica antica del mondo contadino e come fonte immaginifica di questa manifestazione, che combina musica, teatro, narrazione e paesaggio, creando un contesto in continuo dialogo con il luogo e che può essere apprezzato solo immedesimandosi con il luogo stesso: non a caso Baldini invita a venire proprio per un’«immersione spirituale» nella golena del Senio, al di là del richiamo degli spettacoli, dello stand gastronomico (o meglio: un piccolo bar sotto un tetto di acacie) e dei piccoli o grandi eventi del giorno. Anche il sindaco Piovaccari ha rimarcato il ruolo della manifestazione come «Un modo di essere e vivere il proprio ambiente: nell’evidente crisi del modo contemporaneo crediamo sia importante recuperare l’identità dei nostri territori, non come memoria polverosa e fine a se stessa, ma come una cosa bella che ci aiuta a vivere il difficile presente».
Stesso atteggiamento nelle parole di Massimo Mercelli, direttore dell’Emilia Romagna Festival e che ha da sempre, con l’Arena, un rapporto anche di personale amicizia: «Recuperiamo la musica pop di cento anni fa: la lirica; è una sfida anche per il difficile momento che la cultura in genere, nel nostro Paese, sta attraversando». Per questo domenica 17 ci sarà «L’opera di Teo, Sigfrido e Canicia», omaggio a tre cotignolesi amanti della lirica in cui sarà possibile risentire il canto dei brani più famosi dell’epoca e le musiche, riproposte da un soprano e mezzo soprano accompagnati da oboe, clarinetto e pianoforte.
Il programma, per quanto privo di eventi «civetta», è nutritissimo (si rimanda al box in pagine e al pieghevole). Si inizia comunque giovedì 14 alle 18.30 con la passeggiata d’esordio (con visita guidata alle mostre del museo Varoli) seguita da una lezione di Eraldo Baldini intervistato da Giuseppe Bellosi per finire con il concerto dell’italo-etiope Saba Anglana; si andrà fino a martedì 19, passando per il dialogo su De Martino con l’antropologo Riccardo Ciavolella (21.30 di venerdì 15), il concerto di John De Leo (stesso giorno alle 22) e poi colazioni, trebbi, narrazioni, grammofoni, lezioni di orticoltura, incantesimi per i bambini (ma anche per gli adulti), installazioni artistiche (una quindicina, coordinate da Oscar Dominguez) e aste di balle.
Come ogni anno - e qui sta uno dei segreti del successo dell’Arena - l’accesso è solo pedonale: le auto si lasciano al parcheggio del campo sportivo dopodiché si seguono le carraie di campo per circa 800 m, oppure, dal ponte sul Senio di accesso al paese si segue l’argine di sinistra, fra canneti e pioppi, fino alla golena.