Ceramiche: attesa per Coop Imola, Cedir galleggia, Cerdomus investe

Faenza | 25 Gennaio 2016 Economia
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Il 2016 sarà un anno importante per il mondo dell’industria ceramica del distretto faentino che occupa oltre 900 persone: per Cedir è un anno cruciale dopo la profonda ristrutturazione dello scorso anno, Cerdomus ha fatto degli investimenti e vuole vedere i risultati, La Fabbrica e Gigacer vanno bene e cercano conferme, Vetriceramici investe in migliorie degli impianti, mentre la Cooperativa Ceramica d’Imola rimane la grande incognita tra esuberi e rilancio.
E’ pur vero che dopo anni di crisi, a livello italiano i primi segnali di risveglio del settore si sono avuti nel 2015 quando - stando ai dati di Confindustria Ceramica - a fronte di una situazione italiana sostanzialmente stabile (-0,3%) sono stati venduti 401 milioni di metri quadrati (+1,4%), con una più marcata crescita dell’export (+1,8%). Il 2016 dovrebbe essere dunque un anno di resistenza, visto il gap temporale dal distretto Sassuolo che ha anticipato le ristrutturazioni e oggi punta alla crescita.
I 52 licenziamenti di quest’estate hanno ridato respiro finanziario alla Cedir di Castel Bolognese, ma non hanno risolto i problemi dell’azienda. I 76 lavoratori rimasti in organico non hanno fatto fermate, «ma non significa che hanno passato la crisi - spiega Samuela Meci della Filctem Cgil -. Lavorano come conto terzisti, ma la volontà di trovare un partner da parte della proprietà rimane. Sicuramente le banche hanno allentato la presa, ma prima di parlare di un’impresa salva devono risolversi alcune situazioni. I dipendenti stanno facendo più lavori e in condizioni diverse, ma non c’erano alternative».
Dopo la pausa di fine anno, il lavoro alla Cooperativa Ceramica d’Imola è ripreso il 7 gennaio scorso in tutti gli stabilimenti escluso la bicottura di Borgo Tossignano che terrà i forni spenti fino a febbraio. Sono in essere fino all’11 agosto 2016 i contratti di solidarietà per i quasi 1.400 lavoratori (una trentina di uscite ci sono state a fine anno con gli incentivi alla mobilità volontaria), visto che l’impresa continua a dichiarare circa 400 esuberi, cresciuti rispetto ai 150 di inizio 2015 dopo gli investimenti fatti per ammodernare le linee produttive, come ad esempio la selezione automatizzata. L’Ape ha sempre dichiarato che, nonostante gli esuberi, non farà atti unilaterali. Negli stabilimenti produttivi di Faenza lavorano, a seconda dei periodi e delle lavorazioni, dalle 300 alle 350 persone e negli ultimi anni sono stati fatti vari investimenti. Martedì 26 gennaio prossimo verrà presentato ai sindacati il budget previsionale e le prospettive per l’anno in corso. «Nonostante qualche uscita, la situazione deve essere monitorata con attenzione - sostiene Meci -. Le uscite di fine anno sono numerose, ma lontane dagli obiettivi. La prossima settimana la cooperativa ci presenterà gli obiettivi del 2016 e cominceremo a valutare cosa fare ad agosto quando scadranno i contratti di solidarietà che sono rinnovabili per un anno, ma di cui ancora non si è parlato».
La Cerdomus di Castel Bolognese, che ha in organico 210 lavoratori, ha fatto un po’ di cassa integrazione a rotazione dal 23 novembre al 10 gennaio, poi prolungata fino al 7 febbraio prossimo per l’ammodernamento degli impianti per far fronte ai nuovi formati presentati all’ultimo Cersaie. Lavora su un target elevato di prodotto, soprattutto col Nord America: «E’ un mercato che va bene - analizzano dal sindacato - nonostante l’apprezzamento del dollaro».
A Castel Bolognese La Fabbrica ha richiesto un periodo di cassa integrazione ordinaria per i suoi 79 dipendenti dal 14 dicembre al 12 marzo, «ma l’utilizzo è veramente scarso con un rallentamento fisiologico a gennaio». Il Gruppo Dafin lavora soprattutto con l’estero, principalmente con Stati Uniti, Est Europa e Paesi Arabi. «I grandi formati presentati al Cersaie - sottolinea Meci - li fa fare conto terzi visto che gli investimenti in nuovi macchinari sono fermi a causa della mancanza di un’area fisica di sviluppo, chiusa com’è tra altre due aziende. Ci sono stati abboccamenti che non sono arrivati da nessuna parte visto che la proprietà non vuole fare salti nel buio in questo momento».
Alla Gigacer di Faenza è stabile l’occupazione (a poco meno di 70 persone), mantiene standard qualitativi elevati e la propensione all’export. L’azienda pone grande attenzione ai compratori, riducendo i rischi di insoluti. «Hanno avuto un buon Cersaie e va meglio della media - commenta la sindacalista Filctem -. Non ha fatto cassa integrazione».
Ad oltre un anno (settembre 2014) dal passaggio all’americana Ferro Corporation, la Vetriceramici di Casola Valsenio «da inizio 2016 i lavoratori sono passati dal contratto della piccola chimica a quello della chimica-industria che risulta migliorativo - conclude Meci -. Stanno valutando alcuni miglioramenti per arrivare agli stessi standard della Ferro Corporation, soprattutto sulla sicurezza con modifiche impiantistiche. Sembra un cambio di passo positivo». In organico ha circa 150 dipendenti ed è attiva nel settore delle forniture di fritte, smalti e graniglie per l’estetica della piastrella ceramica.

Christian Fossi
economia@settesere.it
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