Vela, c’è un ravennate che ha vinto due volte con Luna Rossa: «Il nostro doppio trionfo con i giovani e con le donne»
Tomaso Palli
È tornata la calma, in questi giorni, a Barcellona. Niente più regate né attenzione a onde e vento. Si è conclusa la 37th America’s Cup con il risultato forse più prevedibile: la vittoria, la terza consecutiva, di Emirates Team New Zealand. La nostalgia per una coppa conclusa lascia il posto, in Italia, a sentimenti contrastanti: delusione per i senior sconfitti in finale di Louis Vuitton Cup, ma anche grande soddisfazione e sorpresa per giovani e ragazze capaci di vincere invece la propria competizione, rispettivamente l’Unicredit Youth e la Puig Women’s America’s Cup. Nel team di Luna Rossa, coordinatore del programma Youth&Women, oltre al ruolo di coach dell’equipaggio dei grandi, Jacopo Plazzi Marzotto, di Ravenna e cresciuto nel Circolo Velico Ravennate.
Plazzi, partiamo dalle vittorie del team Youth e del team Women. Vi aspettavate di conquistarle entrambe?
«Sapevamo di avere equipaggi e gruppi molto forti, vincere entrambi gli eventi è il miglior risultato possibile da non dare oggi per scontato. La cosa che mi rende più orgoglioso è la bellezza del gruppo che si è creato: i ragazzi e le ragazze erano autonomi, avevano imparato a gestire la barca sia in mare che a terra e facevano uno da supporto all’altro, anche durante le competizioni. È una cosa molto bella, uno dei motivi che ha permesso di fare così bene».
Quale la più inattesa?
«Il gruppo dei giovani era di altissimo livello e pensavamo di vincere: conoscevamo il potenziale dei ragazzi e Marco (Gradoni, ndr) era il velista, all’interno di quella competizione, con più ore e capacità su quel tipo di imbarcazione. Poi non si è da soli, il co-timoniere Gianluigi Ugolini ha un curriculum lungo e ricco, mentre i trimmer sono stati la vera sorpresa. Non dimentichiamo Stefano Dezulian e Guido Gallinaro che non hanno regatato ma avrebbero potuto farlo con lo stesso risultato. Il programma delle ragazze è invece iniziato un poco più tardi e sicuramente il risultato è stato un po’ inatteso perché potevamo fare bene, ma altri due o tre team avevano lavorato più di noi. Eravamo convinti di avere fatto le scelte giuste a livello di gruppo, ma alla fine sono state le ragazze ad andare in acqua, sono state loro a performare bene».
Il suo ruolo per definizione tecnica: Youth&Women program coordinator. Ma cosa significa esattamente?
«Ho supervisionato ciò che veniva fatto mettendo del mio, specialmente all’inizio, nelle selezioni avvenute su imbarcazione foiling, i 69F, per i giovani, per una parte di ragazze anch’esse giovani e per l’allenatore Simone Salvà. Poi ho lavorato sulla formazione, cercando di trasferire tutte le competenze personali e provando a coinvolgere sempre le persone giuste. Nell’ultima parte, si è trattato di essere sempre a disposizione in caso di bisogno».
E con i senior lei è stato coach.
«Ho seguito per lo più la parte di sviluppo della barca nel sailing team, tenendo un occhio su tutti gli aspetti tecnici: osservavo come navigavamo cercando di capire cosa si potesse fare meglio e trasmettendo i feedback del sailing team ai designer. Davo poi una mano nella gestione delle giornate dei velisti, tra meeting e programma in mare, e in acqua ero sul gommone per cercare di gestire i tempi e dare un punto di vista analitico esterno interpretando le analisi di chi era a bordo. In breve: sono stato il velista fuori dalla barca. Il lavoro è tanto e perciò è molto specializzato. Accanto a me c’erano Philippe Presti, per lo più nella parte tattica, e Hamish Willcox, più concentrato sugli aspetti metereologici e di gestione dell’approccio psicologico».
Ripensandoci a mente fredda, cosa non è andato?
«Nella Coppa, chi cresce di più negli ultimi mesi spesso vince. Almeno la Louis Vuitton Cup. È stato il nostro caso nella scorsa edizione, mentre questa volta ci è mancato qualcosa. Alle regate preliminari, probabilmente, eravamo più rifiniti degli altri che però hanno avuto la possibilità di osservarci e trarre spunti. Ineos è cresciuta più di tutti forse perché, partendo da più indietro, è stata costretta a fare scelte radicali che si sono rivelate azzeccate. Poi ci sono i dettagli e le performance sul campo di regata. Potevamo superare la serie, ne sono certo, ma, come detto, nella vela vince chi fa meno errori. Non eravamo venuti a Barcellona per uscire in finale di Louis Vuitton Cup, ma per provare a vincerla. Dobbiamo analizzare e capire nello specifico».
Nelle prossime settimane ritornerà al Circolo Velico Ravennate?
«Sono socio, addirittura socio onorario, per la precisione. Da qualche anno, mio zio Matteo è diventato presidente del Circolo Velico Ravennate a Marina e grazie a lui mi tengo naturalmente aggiornato su cosa succede. Al Circolo ci sono tante persone di grandissima e comprovata esperienza nel mondo della vela sportiva ed è grazie a loro se questa realtà ha fatto passi in avanti nella promozione dello sport, confermandosi come un punto di riferimento anche per chi vive il circolo da socio o eventualmente armatore. Siamo tanti ravennati in Luna Rossa e nei prossimi mesi cercheremo sicuramente di fare un salto a Marina di Ravenna. Anche perché dobbiamo far diventare socio Bruno (Rosetti, ndr): ora è instradato e lo porteremo al Circolo».