Riccardo Isola - E’ uno dei simboli indiscussi, internazionali e inimitabili del made in Romagna culinario. Un mito che da aver un valore organolettico e nutrizionale cosiddetto «povero» oggi viene servito, presentato e interpretato in chiave da haute cuisine. Un punto di riferimento per la riconoscibilità alimentare della terra del Passatore che prende il nome di piadina. Non entriamo però qui nelle disfide di «origine controllata» per le varietà territorializzate, più spesse in montagna e più sottili verso la pianura e il litorale, ma vediamo come la critica gastronomica nazionale valuta questo gran pezzo da novanta romagnolo. All’interno di «Osterie d’Italia» del Gambero rosso, da anni si trova un’appendice, collocata nella sezione dedicata all’Emilia Romagna, incentrata sulle segnalazioni delle migliori piadinerie. A detta nostra, però, c’è un vulnus culturale che ancora attraversa chi giudica ed è quello di non tenere conto proprio della differenza di «panificazione» della piadina in ambito geografico. Non è cosa da poco perché purtroppo la parte più alta del territorio romagnolo rimane un po’ più penalizzata. Comunque, a detta del Gambero le migliori piadinerie di Romagna sono poco meno di una trentina, per la precisione 26. Di queste 5 nel ravennate, 17 nel forlivese e cesenate e le restanti 4 nel riminese. Partendo da Ravenna a dettar legge è Cervia con due segnalazioni: «Al Parco» e il «Chiosco della pineta» seguita da Ravenna con «Piadina Luna» e «Tradizione dolce e sale» e Conselice con «Lo Zibaldino». Le quattro del riminese sono invece: «Bar Ilde, il baretto della buona piadina», «Doppio zero», «Le Fontanelle» e «Nud e crud». La capitale della piadina è però Cesena con ben otto segnalazioni: «Acqua e farina» (Sant’Egidio), «E chiuschet d’la pida», «E’ tulir» (Macerone), «La piadina del chiosco», «La piadina di Gianluca» (San Giorgio), «La regina della piadina» (Torre del Moro), «Marina Guidazzi» (San Carlo) e la «Piadina di Calabrina». Nell’altro capoluogo di provincia, Forlì, l’unica segnalazione arriva per «Piada 52» mentre nella vicina Forlimpopoli si cita «Tom & Jerry». Inoltrandosi nel territorio si passa così da «La casa della Piadina» di Bertinoro a «80 voglia di piada» di Gambettola per arrivare a «Il Chiosco di Alessia», «L’oasi della piadina» e la «Piadineria il minatore» di Mercato Saraceno fino alla coppia di Sogliano sul Rubino formata da «Al giardinetto» e «Da Giuli e Pundur».
I MIGLIORI FORNAI
Al vertice dell’arte bianca romagnola ci sono Faenza e Dovadola. E’ qui, infatti, che per la guida del Gambero «Pane & panettieri d’Italia» si concentra la migliore espressione della lievitazione in forno da Imola a Cattolica. Un’eccellenza manfreda che prende il nome di «O’ Fiore mio hub» mentre per la vicina realtà forlivese si tratta del forno «Cappelletti & Bongiovanni». Al faentino Davide Fiorentini, titolare del locale, viene riconosciuta la grande ricerca di materie prime di qualità e la capacità di fantasia panificatoria, coadiuvato dalla superbia maestria del giovane aiutante Jonathan Trombini. Per Fabio Cappelletti, figlio d’arte, invece, che riceve anche il premio speciale «Pane e territorio», viene riconosciuta l’autenticità e la competenza professionale. Due forni e due locali che ricevono i tre pani in segno di un’assoluta perfezione nell’offerta panificatoria. Altre segnalazioni sono quelle di Cesenatico con «Vitali» che si porta a casa due pani e stesso riconoscimento arriva per «Lievita» di Riccione.