Savorani (Confindustria): "Servono investimenti per la ceramica faentina"

Romagna | 11 Ottobre 2019 Economia
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Silvia Manzani - Si è concluso il 2 ottobre, alla Fiera di Bologna, il Cersaie, il salone internazionale della ceramica Made in Italy per architettura e dell’arredobagno al quale hanno partecipato anche quattro aziende del Faentino. Un’occasione per fare il punto sullo stato in cui versa il settore. Tema sul quale Giovanni Savorani, presidente di Gigacer e di Confindustria Ceramica, sembra avere le idee chiare.
Presidente, alla luce del Cersaie, qual è la situazione del settore ceramica nel Faentino?
«Il Cersaie, anche quest’anno, ha riscosso un successo molto importante. Si riconferma il miglior momento di marketing che il nostro settore di piastrelle e arredobagno possa sviluppare. È praticamente l’unica fiera a carattere internazionale per la ceramica al mondo. Anche quest’anno la lista di attesa di espositori rimasti fuori è stata lunga. Contiamo per il prossimo anno di aumentare ulteriormente gli espositori potendo contare su un nuovo padiglione aggiuntivo di 16.000 metri quadri. Quest’anno gli espositori sono stati 869, dei quali più di 400 stranieri, i visitatori sono stati 112.000 dei quali 53.000 stranieri. Il successo della fiera, per numero di visitatori, eventi molto partecipati, eleganza degli stand e prodotti di altissimo livello, non sarà, da sola, la soluzione per un mercato che resta turbato da molti fattori negativi. Per le ceramiche del faentino penso possano valere la stesse considerazioni fatte per il settore in generale, la gara per migliorarsi e competere col resto del comparto ceramico emiliano è sempre attiva».
Ci sono criticità particolari o aziende ancora a rischio?
«Le aziende sono imprese e come tali devono convivere col rischio, il capitale versato in una impresa si chiama “capitale di rischio”. L’imprenditore, quando lo versa, sa bene che lo rischia. Sulle criticità particolari legate al nostro territorio, invece, ne vedo una grave. 
Mi sarebbe facile dirle che mancano le infrastrutture, che abbiamo l’energia più cara d’Europa, che il cuneo fiscale penalizza insieme i costi di produzione e i  lavoratori, che è in atto una legge europea chiamata Emission Trading che finirà col penalizzare, in Europa, i produttori più diligenti che tanto hanno investito in tecnologie di avanguardia per ridurre consumi energetici. Proprio nei giorni scorsi, a Bruxelles, sono andato a segnalare queste criticità. La grave difficoltà che vedo nel comparto Faentino è, però, la mancanza di nuove iniziative, di nuovi investimenti nel settore ceramico industriale, per cui a fronte di qualche crisi, che può sempre capitare, non c’è una vera crescita per controbilanciare.  Pertanto, permanendo così le cose, il settore può solo diminuire».
Quali sono, a questo punto, le priorità per la tenuta del comparto?
«La tenuta di un comparto, come nella vita in generale, sarà garantita se le nascite saranno maggiori delle morti. Ma se ad ogni tentativo di installare una fabbrica, ci sarà  pronto un comitato contrario e la comunità, in generale, si schiererà con il comitato, le nascite di nuove aziende o di nuovi stabilimenti produttivi, sul nostro territorio, non potranno avvenire. Non è sufficiente, per il settore industriale ceramico, aver dimostrato, con cinque anni di rilevazioni  di Arpae e di Usl, documentati su Ecoscienza, che uno dei maggiori comparti al mondo di ceramica industriale, come il comprensorio Sassolese, abbia oggi una qualità dell’aria  migliore dei centri abitati delle città vicine. Il tema è che pochi lo sanno. L’opinione pubblica in generale, e a Faenza non è diverso, è convinta del contrario e allora diventa un luogo comune seguito da molti, e alla fine si osteggia il lavoro degli altri in modo gratuito. A Gigacer successe 12 anni fa in occasione della nostra nascita, oggi non penso sarebbe molto diverso. Non è un fenomeno solo faentino, recentemente è successo a Comacchio, dove un comitato contrario ha impedito, di fatto, un insediamento industriale ceramico. Un tempo, quando avvenivano cambi azionari o cambi di proprietà nelle aziende, spesso succedeva che nascevano nuove iniziative produttive. Oggi, dai cambi di proprietà avvenuti recentemente nel nostro comprensorio, stanno nascendo alcune iniziative commerciali, ma, almeno per il momento, non produttive».
La sua azienda ha fatto scelte particolari, negli ultimi anni, per affrontare le conseguenze della crisi?
«La mia azienda è nata in piena crisi e ha sofferto da subito il problema di mercato creatosi 12 anni fa. Le scelte fatte allora non si riferivano propriamente alla crisi, perché mentre progettavamo, la crisi non era ancora arrivata. Le scelte tecniche che facemmo allora, oggi ce le vediamo sbandierate come soluzioni innovative da molti nostri concorrenti. Parlo, per esempio, del riciclo degli sfridi produttivi in diretta senza ulteriori consumi energetici, che è il riciclo praticamente totale delle acque tecnologiche. Parlo del limitatissimo uso di smalti e coloranti, del recupero energetico dal raffreddamento del forno, ma anche della limitazione del rumore, delle emissioni in atmosfera al di sotto dei limiti Ecolabel, di un imballo che limita a meno di un terzo il normale uso di cartone, perfettamente adatto alle raccolte differenziate, potendo separare facilmente i componenti. Molta attenzione fu posta anche all’antinfortunistica, in particolare adottammo la palettizzazione in orizzontale, primi nel settore, evitando la possibilità del ribaltamento delle confezioni verso gli operatori di cantiere. Oggi tutti i formati grandi sono palettizzati come i nostri. Ho recentemente chiesto ai nostri operatori commerciali di non lasciarsi surclassare dai concorrenti che spiegano soluzioni che noi abbiamo adottato 12 anni fa. Per affrontare la concorrenza di oggi abbiamo intensificato la ricerca presentando prodotti sempre più innovativi. Purtroppo quest’anno, per la nostra azienda, non si chiuderà in modo normale come i recenti passati, in particolare l’incendio Lotras ci ha creato non pochi problemi che stiamo risolvendo con la grande partecipazione del nostro personale e dei nostri fornitori. Ci rendiamo però conto, giorno per giorno, che tornare alla normalità non sarà un fatto breve. Lotras per noi non era solo un deposito, ci fornivano un ottimo servizio di logistica che oggi ci manca e che ci costringe a dover sopperire in proprio».
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