Sanità, «la farmacia in Romagna è al centro del territorio», le priorità del presidente dell'ordine dei famacisti ravennati Domenico Dal Re
Marianna Carnoli - Le carenze di personale nella sanità si registrano, purtroppo, anche tra i farmacisti. La professione pare essere in crisi, con sempre meno iscrizioni all’albo. Eppure la farmacia, da sempre, fornisce un indispensabile servizio alla cittadinanza. Abbiamo fatto il punto con Domenico Dal Re, recentemente riconfermato presidente dell’Ordine dei farmacisti della provincia di Ravenna.
«Nonostante le farmacie siano un punto di riferimento per le persone, offrendo un ampio numero di servizi oltre alla vendita dei medicinali, i numeri degli ultimi anni non garantiscono un ricambio generazionale. Oggettivamente la laurea in farmacia è difficile, gli orari di lavoro del farmacista sono impegnativi e gli stipendi non sono elevati. Si è aperto in questi mesi il tavolo per il rinnovo del contratto nazionale delle farmacie e speriamo si possa arrivare ad “aggiustamenti” soddisfacenti. Non dimentichiamo che la pandemia ha aggravato la situazione della carenza del personale perché le persone hanno iniziato a fare scelte di qualità vita e molti non sono più disponibili, ad esempio, ai turni domenicali. Credo che le università dovrebbero aggiornare il ciclo di studi per incentivare un giovane ad iscriversi sapendo che lavorerà nella nuova farmacia dei servizi, un luogo dove non si vendono solo farmaci e dove un professionista ha una impegno più sanitario che commerciale. Le lauree quinquennali in Farmacia o in Chimica e tecnologia farmaceutica sono ancora molto improntate sulla chimica. Ed è inconcepibile, ad esempio, che un farmacista debba frequentare un corso sui vaccini perché l’argomento non è stato trattato all’università. L’Ordine vorrebbe corsi a maggiore vocazione sanitaria e magari con meno chimica perché il farmacista supplisce carenze mediche, non chimiche. Come Enpaf (Ente nazionale previdenza e assistenza farmacisti ndr) di cui sono consigliere, stiamo cercando di promuovere borse di studio per liceali che vogliano iscriversi a farmacia».
Come sono cambiati, negli anni, gli obiettivi dell’Ordine?
«In realtà sono rimasti invariati: in testa c’è quello di garantire il miglior servizio farmaceutico possibile sul territorio. L'elemento che ha caratterizzato in positivo la situazione del servizio farmaceutico nella nostra provincia e in tutta la Romagna è che abbiamo avuto delle istituzioni sensibili ai diversi problemi che via via si sono presentati ed una categoria di farmacisti altrettanto accorti. Insieme abbiamo costruito un modello che è rimasto unico in Italia dove le farmacie comunali e le private lavorano in sinergia, abbiamo mantenuto in piedi il punto distributivo in centro città a Ravenna con un servizio pubblico sempre più attento alle esigenze collettive. Durante la pandemia, infatti, grazie al magazzino pubblico, le farmacie di Ravenna e della Romagna hanno garantito la dispensazione dei farmaci attraverso i sacchetti di terapia gratuiti, evitando così di dover ricorrere alla distribuzione ospedaliera. Nel resto d'Italia le farmacie comunali sono state cedute in gran parte a società di capitale e nonostante la spinta alla privatizzazione ci sia stata anche da noi, i farmacisti privati hanno compreso che l’azienda pubblica era un prezioso alleato da difendere. Lavorando insieme siamo più credibili nei confronti dell’Ausl tanto che il “modello Ravenna” negli ultimi 5 anni si è esteso a tutta la Romagna anche grazie alla lungimiranza del direttore generale Ausl Romagna, Tiziano Carradori ed abbiamo formalizzato un protocollo d’intesa sottoscritto da tutte le comunali e dai rappresentanti delle private finalizzato al miglioramento del servizio alla collettività».
Negli anni avete siglato sinergie importanti. Quali le principali?
«Di certo aver potuto collaborare con le istituzioni amministrative e sanitarie della nostra provincia ci ha permesso di raggiungere non solo risultati importanti per la categoria, ma soprattutto per la tutela della salute pubblica. Come detto, crediamo che i cittadini abbiano potuto affrontare la pandemia in condizioni migliori rispetto ad altre aree proprio grazie alla nostra organizzazione, mentre l’anno precedente avevamo costituito l’Unione delle professioni sanitarie che, in collaborazione con l’Ordine dei Medici ha accelerato l’introduzione della ricetta elettronica semplificando notevolmente la vita delle persone. Anche il progetto “Sperimentazione Romagna” di 2 anni fa è andato bene nonostante non abbia trovato un’applicazione piena. L’obiettivo principale era garantire un accesso più immediato ai farmaci attraverso le farmacie, valorizzando, così, il loro ruolo strategico. Un progetto innovativo che prevedeva un possibile risparmio nell'acquisto dei farmaci da riversare nei servizi da offrire ai cittadini, tramite le farmacie, ma osteggiato dall’industria farmaceutica. Continuo a credere che la nostra fosse una scelta giusta visto che la farmacia è un servizio pubblico a prescindere da chi lo gestisce ed ha futuro solo se resta nel pubblico, diversamente rischia di fare la fine di un negozio “di vicinato”. Come detto, comunque, una parte di successo il progetto l’ha avuto con l’introduzione della distribuzione dei presidi per diabetici in farmacia, cosa possibile solo in Romagna».
Lo scorso giugno la Regione ha siglato una delibera per finanziare la sperimentazione della farmacie dei servizi che prevede l’erogazione di prestazioni in convenzione. La farmacia diventerà, così, un’interfaccia del sistema pubblico. Che ne pensa? «La Regione ha stanziato 3 milioni di euro per la sperimentazione della farmacia dei servizi ed abbiamo il fondo nazionale che prevede applicazione della telemedicina, strumento eccezionale anche per ridurre le liste d'attesa. Se pensiamo, infatti, che in provincia abbiamo un centinaio di farmacie è facile comprendere come se anche solo il 70%, per questioni di spazio, offre il servizio di elettrocardiogramma le persone possono usufruire più rapidamente di questo servizio. Come avrebbero fatto le Ausl se le farmacie non avessero effettuato i tamponi durante la pandemia? Da anni le farmacie emiliano-romagnole sono attive con le prestazioni in telemedicina ed i servizi in convezione daranno uno slancio ulteriore e consentirà alla farmacia di diventare davvero un’interfaccia del sistema pubblico».