Ricci (Cgil Ravenna): "Edilizia morta, allerta sull'oil&gas"
Silvia Manzani - Tra l’ottimismo e il pessimismo, Costantino Ricci sceglie più volentieri il realismo. Perché davanti a un’economia che, dall’inizio dell’anno, ha dato segni di rallentamento in tutta la Romagna, secondo il segretario provinciale della Cgil di Ravenna bisogna stare con i piedi per terra.
Ricci, quali sono le sue principali preoccupazioni, guardando al territorio locale?
«Il rallentamento economico crea senza dubbio tensioni ma dal nostro osservatorio sulla cassa integrazione, devo dire che l’aumento dei numeri è imputabile più che altro a due fattori contingenti: la crisi della Cmc e quella della ceramica, un settore che ancora non ha trovato pace. Per il resto, non sono così tante le aziende che vi stanno ricorrendo. Preoccupa molto di più, invece, la situazione dell’oli&gas».
Quali sono le vostre previsioni?
«Inutile nascondere che abbiamo un distretto upstream nel quale Eni rischia, un domani, una perdita ingente di professionalità e posti di lavoro. Nel nord Adriatico questo è un settore che dà occupazione a migliaia di persone, senza nuove autorizzazioni si rischia un disimpegno da parte di aziende internazionali. Non solo: a catena, il rischio è che le conseguenze sulla chimica siano molto negative».
Dove vede, invece, segnali di speranza?
«Il porto, senz’altro. Da anni siamo in attesa del bando di gara per iniziare i lavori di approfondimento dei fondali. Stando agli ultimi annunci, dovremmo essere in dirittura d’arrivo. Un investimento da 240 milioni di euro darebbe una boccata d’ossigeno a tutto il comparto ma farebbe da volano all’economia nel complesso».
L’edilizia, che da molti anni ormai versa in condizioni molto critiche, come se la passa?
«Il settore sta letteralmente morendo nell’indifferenza generale e soprattutto della politica. Abbiamo bisogno di infrastrutture, di sistemare strade e scuole. Molte opere sono già finanziate ma i cantieri non partono. Si parla tanto di green economy, di transizione energetica. Ma non vedo un indirizzo chiaro per far sbloccare le cose, né tantomeno segnali di ripartenza. La stessa Cmc è un’azienda internazionale che deve costruire la propria fuoriuscita dalla crisi, sperando che i concordato preventivo in continuità venga accettato dai creditori, cosa che scopriremo nei prossimi mesi».
E sul commercio, qualcosa si muove?
«Sul commercio esiste un annoso dibattito sul fatto che i grandi ipermercati possano schiacciare i piccoli negozi. In questo senso, ben venga la decisione del Comune di Ravenna di non autorizzare nuove superfici. Certo è che il calo del reddito disponibile e quello dei lavoratori in generale non generano a mio avviso un’economia che sostenga l’esistenza nel tempo di certe strutture. Anche in questo caso, dunque, meglio stare allerta».
Se pensa alla Ravenna del futuro, dunque, che città vede?
«Ravenna è particolare. Ha un porto ma non è una città portuale, ha un petrolchimico che convive con la città e con la sua vocazione culturale e turistica. La mia speranza è che la città possa nei prossimi anni, sviluppare capacità e know-how per fare la propria parte sul fronte della transizione energetica».