Ravenna, processo Cagnoni, chiusa la fase istruttoria, sentenza il 20 giugno

Marianna Carnoli - L'11 maggio si è chiusa l'istruttoria dibattimentale del processo a carico del dermatologo ravennate Matteo Cagnoni accusato dell'omicidio della moglie Giulia Ballestri. Le udienze riprenderanno il 12 giugno con la requisitoria del pm Cristina D'Aniello cui seguiranno, il 14, le richieste delle parti civili. Il 18 giugno sarà la volta dell'arringa della difesa mentre per il 20 giugno, dopo le repliche, è in programma la camera di consiglio alla fine della quale la corte emetterà la sentenza. Questo se la Cassazione che dovrà pronunciarsi il prossimo 24 maggio, rigetterà la richiesta avanzata dalla difesa dell'imputato della legittima suspicione e, quindi, non sposterà in altra sede il processo che dovrà, in questo caso, ricominciare da capo.
In apertura d'udienza la corte ha accolto la richiesta avanzata dal pm e dalle parti civili lo scorso 4 maggio di non ammettere l'esperimento giudiziale effettuato dal consulente della difesa, Donato Caccavella, che ha comparato le immagini riprese dalla videosorveglianza di Ravenna e di quella privata di casa Cagnoni a Firenze con quelle realizzate da lui per provare che non si poteva assumere che fosse il Chrysler dell'imputato quello immortalato in viale Santi Baldini il giorno successivo all'omicidio di Giulia e che, ancora, l'oggetto bianco che Cagnoni scarica dalla sua auto a Firenze, potesse essere la borsa della moglie. Esclusa la sperimentazione di Caccavella, alla corte resteranno nel materiale probatorio, i filmati originali acquisiti dalla Procura.
A conclusione della venticinquesima udienza del processo Cagnoni ha nuovamente chiesto di poter rilasciare dichiarazioni spontanee e si è rivolto alla Corte per avere un alleggerimento della misura cautelare ossia i domiciliari con braccialetto elettronico. "Sono al lumicino, la detenzione in carcere per oltre un anno e mezzo mi ha provato moltissimo. Non solo sono aumentati gli attacchi di panico di cui già soffrivo, ma ho quotidianamente fenomeni allucinatori e di depersonalizzazione. Sono talmente preso dalla mia sofferenza che non potrei prendermela con nessun altro. Gli psicologi del carcere non sono certi che i domiciliari potrebbero essermi utili per riprendermi completamente, ma di certo mi aiuterebbero poichè temo che il mio stato di salute possa diventare irreversibile. Da mesi non vedo mia madre che è malata e recentemente s'è ammalato anche mio padre. Mio figlio ha mandato un messaggio per me all'avvocato Trombini dove gli chiedeva di impegnarsi al massimo, diceva che per lui sono sempre il numero uno e che staremo sempre insieme. Un messaggio che mi ha fatto un immenso piacere, ma anche tanta tristezza perchè non vedere i miei figli è una grande sofferenza". Cagnoni ha, voluto sottolineare come i 3 presupposti per la carcerazione non sussistano più a suo parere. "Per il pericolo di reiterazione del reato, visto che sono accusato di aver ucciso mia moglie e non sono poligamo, direi che non sussiste più, per non parlare del pericolo di fuga poichè vi assicuro che non farei altro che stare nell'appartamento affittato nel centro città con il mio braccialetto elettronico. Infine, per il pericolo di inquinamento delle prove, essendosi chiusa l'istruttoria non vedo come potrei influire sul procedimento a mio carico". L'avvocato Giovanni Trombini che lo tutela ha chiesto alla corte se davvero il carcere sia l'unica forma contenitiva adeguata per il suo cliente. "Qualora ammettessimo che Cagnoni abbia commesso l'omicidio della moglie e non lo ammettiamo, ora chi dovrebbe uccidere? Nei fatti ha dimostrato di aver capito le indicazioni della Corte che più volte l'ha ripreso per intemperanze in aula ed ha cambiato atteggiamento. Non pensiamo esista pericolo di fuga visto che, anche assumendo l'ipotesi che abbia ucciso la moglie, avrebbe ben potuto fuggire con un volo da Firenze nei tre giorni tra l'omicidio e la sua presa in consegna da parte della polizia e non l'ha fatto. La nostra è una richiesta di umanità e di civiltà giuridica". Si sono espressi negativamente sulla richiesta sia il pm Crsitina d'Aniello che le parti civili. "La gravità indiziaria a suo carico è granitica e si è rafforzata in istruttoria- ha sottolineato il pm. Penso che l'esigenza della custodia cautelare in carcere rimanga visto che non si può 'limitare' la sua vittima ad un ruolo: non ha ucciso una 'moglie', ha ucciso una persona dunque il pericolo di reiterazione del reato permane. Inoltre, per quanto umanamente la Procura comprenda la difficoltà di accettare la condizione carceraria, la certificazione medica giunta questa mattina dagli psicologi parla di miglioramenti, di una diminuzione di episodi di depersonalizzazione". La corte s'è riservata di decidere.