Nel Ravennate medici di base troppo anziani: «Va in pensione una generazione»

Romagna | 03 Ottobre 2020 Cronaca
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Silvia Manzani
I medici di base, in provincia di Ravenna, sono anziani. L’età media è infatti circa 60 anni, cosa che determinerà presto pensionamenti, posti vacanti, sostituti da trovare. Una partita complessa quella che ha per le mani il Dipartimento di cure primarie, il cui direttore Mauro Marabini snocciola qualche numero: «I nostri medici di medicina generale, al primo gennaio di quest’anno, risultano 270 e sono organizzati in sedici nuclei di cure primarie, di cui otto a Ravenna, quattro a Lugo e quattro a Faenza. Ogni nucleo è suddiviso in gruppi dislocati su sedi diverse, senza contare che alcuni medici hanno un secondo ambulatorio». A seconda dei profili, si può avere il medico che ha un massimo di 500 assistiti perché è anche titolare di guardia medica, così come quello che, oltre al tetto dei 1500 pazienti, ha anche un 5% in più di assistiti in deroga (per ricongiungimenti familiari o situazioni simili) e 300 non residenti.

«CARENZA MONDIALE»
Fatto sta che oggi, anche in provincia, si sono incrociati due fenomeni: «Da un lato la carenza strutturale di medici di medicina generale, che in tutto il mondo sono in numero inferiore alla richiesta. Dall’altro l’invecchiamento della popolazione di medici, che viene per la stragrande maggioranza dei casi dal periodo del baby boom. Se sul primo versante vediamo i corsi di laurea con lo sbarramento all’ingresso, il fatto che alcuni Paesi come India e Cina non esportano più medici e la globalizzazione che fa sì che un ragazzo che si laurea a Palermo possa andare facilmente a lavorare a Dubai, sul secondo registriamo una gobba demografica per la quale chi si laureava in medicina negli anni Settanta e nei corsi senza test all’entrata, ha occupato allora tutti i posti. Posti che oggi sono per lo più ricoperti da persone che tutto d’un tratto vanno in pensione nello stesso momento, perché nel mezzo non si sono affacciate alla professione ben due generazioni di persone». 

IL CASO ECLATANTE DI LUGO
Il dato più eclatante è quello del distretto di Lugo, dove su 67 medici, 45 sono nati tra il 1950 e il 1959, sedici tra il 1960 e il 1969 e solo sei tra il 1970 e il 1989: «La situazione è per certi versi sconvolgente. Se quest’anno fossero andati in pensione, oltre ai tre medici che hanno dovuto farlo obbligatoriamente perché arrivati ai 70 anni, anche quelli di 68 e quelli di 62, saremmo rimasti con una ventina di medici in tutto. Non è successo ma la tendenza, oggi, è quella del pensionamento anticipato. Il Covid ha seminato paura specie tra i più anziani, ha messo a dura prova gli ambulatori e creato stress. Solo pochi giorni fa siamo dovuti intervenire su un caso di tentato suicidio e sue due casi di grande crisi o depressione. I medici, dall’inizio della pandemia, si sono ritrovati a vivere sotto una enorme pressione fatta di nuove incombenze e carico psicologico. Se alcuni inizieranno a chiedere il pensionamento, ci sarà anche un effetto emulazione che vedrà gli ambulatori di diverse zone restare scoperti: è un dato che non possiamo programmare, convinti comunque che un primo riequilibrio avverrà non prima di un anno». Sempre guardando alle statistiche, sul distretto di Faenza i medici over 61 anni sono 35 su 60, dunque oltre la metà, e su quello di Ravenna sono 72 su 126, anche qui oltre il 50%. Sull’intera provincia, solo 38 dottori sono nati dal 1970 in avanti.

SUBENTRO NON FACILE
Il sistema di subentro, infatti, non è semplice né automatico: «Quando pubblichiamo i nostri avvisi, non sempre la risposta è calorosa. Penso all’ultimo, nel quale mettevamo a disposizione 24 posti e al quale hanno risposto in otto. In quel caso, nessuno ha aderito all’offerta su Ravenna, mentre tre dei posti su Faenza sono stati coperti, anche perché la via Emilia è più facile da raggiungere e in due situazioni si è trattato di due persone residenti proprio a Faenza». Quando i medici non ci sono, si procede anche per incarichi temporanei che possono essere dati solo se almeno 350 persone sono senza medico: «In questo modo siamo riusciti a inserire ragazzi e ragazze giovani, tutti tra i 25 e i 35 anni, preziosissimi e con un modo di lavorare innovativo. Sono persone abituate alle tecnologie e che parlano inglese, al contrario della generazione precedente, i cui pochi rappresentanti poteva capitare che si rifiutassero di spostarsi da Lugo a Massa Lombarda, perché per loro la distanza era eccessiva. Sono persone, inoltre, che chiedono di non lavorare da sole, che sono abituate a integrare le altre professioni, come gli infermieri, e che pretendono sportelli evoluti, presidiati a livello burocratico e amministrativo».

RIPARTONO I CORSI
Un’altra risposta arriverà da chi frequenta i corsi di medicina generale: «L’edizione 2019/2020 è stata bloccata dal Covid ed è appena ripartita, per quella 2020/2021 è appena uscito il bando. Ci ritroveremo, in Emilia-Romagna, trecento persone che avranno l’idoneità per avere un incarico definitivo, ma comunque non prima di registrare, tra la fine di quest’anno e l’inizio dell’anno prossimo, il picco nella carenza di personale: «Ma c’è anche un discorso di appetibilità delle zone, che non è solo legato a un fattore di comodità e facilità di raggiungimento ma alle singole caratteristiche dei territori e delle comunità. Un esempio? A Lido Adriano c’è, da parte degli assistiti, un buonissimo livello di riconoscenza verso il servizio e quindi di rispetto, cosa che per esempio non avviene al quartiere San Giuseppe a Ravenna, da sempre luogo di rivendicazioni. Idem in campagna: se a San Pietro in Vincoli è difficile far funzionare qualsiasi cosa, a Savarna si trova più facilmente una soluzione». A complicare le cose, il fatto che, diversamente da quanto si potrebbe pensare, per recuperare medici di base si attinge da un elenco che serve anche per nominare i medici per le case di riposo, per le Unità speciali di continuità assistenziale o per le guardia medica: «Insomma, la lista è unica, non si può andare a parare altrove».
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