Motori, Giraldi-Dakar e il capitolo numero 2: «Tante incognite, ma ho fiducia»
Tomaso Palli
L’impresa di un anno fa, all’esordio, non ha fermato Jader Giraldi. L’imprenditore romagnolo, nonché primo faentino a partecipare e a completare il Rally Dakar chiudendolo al 78° posto, ci riprova e sarà al via della 46a edizione del rally più famoso del mondo. Una nuova avventura, sempre in terra saudita, tutta da scrivere e con tante nuove sfide da affrontare.
Giraldi, citando Achille Lauro: ci è cascato di nuovo?
«Assolutamente sì (sorride, ndr). Ho pensato molto, dopo la bellissima esperienza dell’anno scorso. Sentivo il bisogno di imparare qualcos’altro, la ricerca di un’ulteriore crescita come se mi mancasse un secondo capitolo. Nel momento in cui ho messo la parola fine sull’ultimo capitolo del libro che ho scritto proprio sulla mia Dakar 2023, ho percepito la necessità di terminare questo percorso».
E poi tanti a supportarla…
«L’avventura del 2023 ha portato tanta visibilità, così come l’edizione zero di Motorplay (evento motoristico in collaborazione col Comune di Faenza che vedrà la sua prima edizione dal 12 al 14 luglio 2024, ndr). Tante aziende e realtà locali hanno creduto nel sottoscritto e in questo progetto: penso, tra chi sarà sulla moto con me, a Caponord, che mi ha fornito tutti i materiali, a Bottega Bastarda, Ten Job, Thermosystem, Grafiche Mdm e il Motoclub Winter Bikers. Queste e altre che mi accompagneranno nel mio
secondo capitolo».
Veniamo alla Dakar vera e propria: parteciperà in una nuova categoria, giusto?
«Sarà un qualcosa di particolare perché gareggerò nella categoria più estrema: la vecchia Malle Moto oggi rinominata Original by Motul».
In cosa consiste?
«Un pilota e la propria valigia. Un richiamo all’avventura delle primissime edizioni, senza meccanici e senza alcun tipo di assistenza. Citando un altro artista (Vasco Rossi, ndr): in equilibrio sopra la follia».
Come si è preparato?
«Per prima cosa, mi sono allenato tutto l’anno con la moto da rally, e non con l’enduro, per migliorare la mia tecnica di guida con il mezzo che utilizzerò in gara. E poi mi sono concentrato su un lavoro specifico di potenza in palestra sulle parti che, l’anno scorso, erano andate più in sofferenza. A tutto ciò, da diversi mesi, lavoro in officina con il team Celestini Racing per migliorare le mie conoscenze di meccanica».
Sarà quello il vero
unexpected?
«Esatto! Io non sono un meccanico mentre la maggior parte di chi fa la Malle Moto lo è di professione o comunque ha grande esperienza. Ho raggiunto un livello di sufficienza ma
confido nell’intelligenza collettiva».
Sarebbe?
«Non posso essere aiutato da nessuno se non da altri piloti e perciò, in primis, confiderò nella consulenza e nell’assistenza degli altri quattro piloti italiani con cui condividerò questo viaggio. E poi, ogni sera, ad un orario indefinito, in caso di difficoltà aprirò una diretta Instagram sul mio profilo Instagram Dealing with the Unexpected: io metterò le mani e chi mi segue, tutti i meccanici da casa, le conoscenze».
La novità di quest’anno è la «48h Chrono»: è spaventato?
«Non particolarmente. Saranno 600 chilometri di sabbia, il terreno che mi dà più comfort. Temo più la roccia col sasso che vedi all’ultimo. La guardia sarà alta ma saranno più preoccupati i professionisti o chi ha assistenza, per noi che dobbiamo arrangiarci sempre non cambierà più di tanto. Sarà una Dakar molto dura e senza tregua: si parte e, senza fiato, si arriva».
Qual è il programma dei prossimi giorni?
«Gli allenamenti in moto sono terminati, meglio evitare infortuni. E nelle vacanze si staccherà anche da bicicletta e allenamenti cardio per restituire tutta la flessibilità al corpo. Partiamo il 1° gennaio e dal 2 saremo ai box di AlUla per lo shakedown: una due giorni di test nel deserto per le ultime verifiche e le procedure di messa a punto della moto che ha viaggiato un mese in nave. Poi si parte».
Avrà un casco particolare, giusto?
«Il mio casco avrà due frasi: woman first e man must change. In più, ci sarà una versione del logo della Dakar con un segno rosso, simbolo della lotta contro la violenza di genere. Ho raccolto l’invito di Gino Cecchettin: dobbiamo essere noi uomini il primo agente di cambiamento contro una cultura che vede la donna, per taluni, essere quasi una proprietà. Un messaggio che ritengo importante anche nel nostro mondo, quello del motociclismo».
Infine: quale obiettivo si è dato per questo secondo capitolo?
«Sperimentare la nuova categoria. Sarà un bel percorso che spero duri più giornate possibile. Le incognite sono tantissime ma ho fiducia, grazie al grande lavoro fatto, di arrivare in fondo anche in questa seconda edizione».