Le sfumature del sorso estivo del Romagna Trebbiano doc tutte da gustare

Romagna | 26 Luglio 2024 Le vie del gusto
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Riccardo Isola - Parlando di vini in Romagna sarebbe un delitto, e un castigo, non menzionare il Trebbiano. Si parla di circa il 29% dell’intera superficie vitata regionale. In effetti si tratta del vitigno a bacca bianca più coltivato, soprattutto nella provincia di Ravenna. Molto produttivo e resistente ai parassiti è a sempre stato considerato come vino neutro dal punto di vista aromatico. Non a caso è stato, ed è, base per la produzione di vini fermi, per spumanti (anche e soprattutto fuori territorio e regione) e per la distillazione del brandy, vermouth o comunque per altri prodotti legati al mondo degli spirit e della mixology. I genitori di questa bacca bianca provengono dall’oriente mediterraneo e nel 1973 ha ottenuto la Doc. Da sempre, come detto, considerato come vino leggero e versatile, da utilizzare come aperitivo per i finger food, per lo street-food piadinaro romagnolo o per piatti non troppo sofisticati, negli ultimi anni, grazie all’attenzione e alla ricerca dei vignaioli, soprattutto operanti nelle zone a sud della via Emilia, quindi nell’Appennino, ha fatto non solo passi ma salti da gigante. Tra tutte le rivoluzioni più riconoscibili c’è stata la ricerca e la valorizzazione di una trama organolettica inedita, sincera, concreta. Nella povincia di Bologna lo si può produrre all’interno di 10 comuni, in quella di Forlì/Cesena in 18 comuni, nel ravennate in 14 e nel riminese in ben 19 comuni.
Di seguito suggeriamo alcune interpretazioni che nel corso degli anni stanno emergendo come rappresentazione identitaria, qualitativa e rappresentativa di un vitigno che, al di là della recentissima versione spumante sotto l’egida del marchio collettivo Novebolle, sulla quale margini di crescita e miglioramento ce ne sono in abbondanza, sta facendo parlare di sé.
Tra i cavalli indiscussi presenti oggi sul mercato, e lo abbiamo più volte sottolineato su queste colonne, c’è sicuramente la versione cesenate di Podere la Grotta, il «Ca’ Rotte». Un vino educato, sofisticato, complesso e assolutamente inaspettato nella sua trama olfattivo-gustativa. Non da meno sono alcune versioni appenniniche tra il modiglianese e il brisighellese. Tra le altre si deve ricordare «I Vespri» de Il Teatro in cui sapidità, freschezza e grande sintassi gastronomica sono le principali caratteristiche. Stesso discorso lo si può fare per la versione di Villa Papiano. Con «Strada Corniolo», il Trebbiano acquisisce un sorso d’Oltralpe con una eleganza territoriale (Modigliana) che ne identifica chiaramente l’origine. Altra grandissima interpretazione è quella «nordica» di Fondo San Giuseppe il «Téra». Chi sfida il tempo, rimanendo identitario per il terroir cesenate, è sicuramente il «Plino della Taverna» di Alessandro Ramilli, oppure «Piuttosto» dell’imolese Tre Monti. Elegante e di sostanza è poi la versine di Mercato Saraceno, il «Cavaliere Bianco» di Tenuta Casali oppure la caratterizzazione idealtipica rappresentata dalla dicotomica contrapposizione tra leggerezza e profondità di «Brò» di Noelia Ricci a Predappio. Per chi invece ricerca sorsi «atavici» (nella metodologia di produzione, rifermentato in bottiglia per intenderci ndr) ma al contempo super contemporanei, allora imprescindibile è «Indigeno» di Ancarani. Un vino che definirlo simpatico e sbarazzino è non dare abbastanza verità a quel che si assaggia. Stesso discorso per l’idea messa in bottiglia dall’imolese Giovannini con «Oppalà» in cui la facile bevuta si rinfresca su note agrumate ed erbacee. Tornando sull’Appennino boscoso di Modigliana allora la scelta non più cadere sul croccante, sapido ed erbaceo «Area 18 Bianco» di Menta e Rosmarino. Se ci spostiamo a nord della via Emilia Vigne dei Boschi, con «Baldassarra 14» permette di poter assaggiare un Trebbiano che coniuga l’affilata e tagliente bevuta con un corpo presente in viariazione sul frutto. Anche per chi ama vini più artigianali, nell’approccio tecnico di cantina, un gran sorso è rappresentato da «Anam Bianco» di Vigne San Giuseppe a Brisighella, in cui giocano complessità e dinamicità delle sue componenti olfattivo-gustative. Particolare è poi il «Nubivago», Trebbiano creato sulle colline di Castrocaro da Poggio della Dogana. Qui lo spartito sul quale si sviluppa l’armonia del sorso parla di freschezza, mineralità e fragranza primaverile.
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