Sfrappole, tagliatelle fritte, castagnole, frittelle di riso e intrigoni conosciuti anche come chiacchere. Questi sono i dolci caratteristici che si possono trovare nelle pasticcerie e nelle case dei romagnoli in questo particolare, festoso e scherzoso periodo dell’anno. Un tripudio di consistenze, sapori e aromi, rigorosamente dolci e fritti, che vengono preparati in quel periodo dell’anno conosciuto, appunto, come Carnevale. Momento che precede il periodo della Pasqua e che significa, dal punto di vista etimologico, «Carnem levare» ovvero «senza carne». Sapori che precedono un periodo di digiuno che dura quaranta giorni e che donano momenti gustosi e appaganti per la gola e per lo spirito. Si tratta di una vera e propria immersione nel mondo zuccherato dei dolci che porta soddisfazione e momentaneo tepore durante l’inverno. Ma non solo. Le ragioni della loro forma e consistenza sono dovute al fatto che questi bocconi zuccherati dovevano essere consumati in strada, in momenti festosi, all’aperto e quindi dovevano essere mangiati in modo veloce e senza tanti fronzoli.
Tra i dolci più amati in Romagna per il Carnevale sicuramente ci sono le «frappe» o «sfrappole». Croccanti e irregolari forme, per lo più allungate e strette, di sfoglia fritta a base di farina e uova spolverate di zucchero a velo. Un dolce semplice,ma sempre apprezzato da grandi e bambini forte della sua immediata capacità di soddisfare le tensioni golose con friabilità, sapore e gusto intenso.
Altro must carnevalesco sono le tagliatelle dolci. Prendono ispirazione dal piatto tipico, salato, del territorio ma in questa versione si presentano ancora con forme concentriche. Anch’esse vengono fritte e poi cosparse di miele e zucchero a velo. Questi dolcetti non mancavano mai nelle case contadine dell’Appennino Tosco-romagnolo,e oggi le si possono trovare, ancora fedeli alle originali, in qualsiasi banco di pasticceria.
Altro dolce importante nell’economia alimentare e domestica di un tempo, ma ancora oggi apprezzate per la loro sprezzante semplicità, sono le frittelle di riso. Di fatto si parte cuocendo il riso nel latte con zucchero no ad ottenere un simil risotto, questa volta però dolce. A questo punto basta aggiungere un pizzico di marsala o grappa per i più esigenti e versare piccole quantità in una padella con olio bollente. Dopo averle scolate bene e asciugate basta cospargerle di zucchero a velo e la frittella è servita. Questi dolci sono da sempre molto apprezzati nel territorio ravennate.
Infine non potevano mancare le mitiche castagnole, piccole palline di impasto zuccherato arricchite con un goccio di fumetto (liquore a base di anice molto simile al mistrà), appunto a delle castagne, fritte in padella con olio di semi. Già decantate nel 1891 da Pellegrino Artusi nel suo saggio sulla cucina tipica «L’arte di mangiare bene», la ricetta è la 212, anche se il noto gastronomo le definisce «a dir il vero, di genere non troppo ne ma possono piacere». Una sottolineatura non del tutto errata visto che questi dolci provenivano dal mondo contadino e rurale che di certo non poteva permettersi grandi ingredienti per soddisfare i propri appetiti.