I 25 ANNI DI SETTESERE | Antonio Farnè, Ordine dei giornalisti: "Radicamento sul territorio e modello cooperativo"
Antonio Farnè* - Un percorso che dura da un quarto di secolo. Detta così fa sicuramente più effetto. Ma dirla anche con i numeri rende l’idea. Sono venticinque, un’età che ormai è sinonimo di piena maturità. 1996, questo il punto d’inizio; 2021, un approdo solo temporaneo. A cavallo tra due secoli, addirittura tra due milllenni, Settesere festeggia il traguardo raggiunto ma nel contempo guarda al futuro, forte di numeri e scelte importanti. 3.500 abbonati, un migliaio di copie vendute in edicola tutte le settimane. Di questi tempi per una pubblicazione cartacea sono dati che inducono al sorriso, soprattutto se rapportati ad una realtà geograficamente limitata come la provincia di Ravenna. Dati che vanno poi integrati con i 7.500 contatti giornalieri che può vantare l’edizione online.
Ecco, il segreto per affrontare le sfide di oggi e di domani è proprio questo: puntare sulla contaminazione tra vecchi e nuovi saperi, tra strumenti tradizionali e nuove tecnologie. Una scelta che, nel caso specifico, viene da lontano. E’ dal 2011, infatti, che Settesere ha deciso di investire sulla rete, comprendendo fino in fondo le grandi potenzialità offerte dalla rivoluzione digitale. Si chiama multimedialità, che in questo caso viene ulteriormente arricchita dalla sinergia con la televisione, con TR24 e Trc, due tra le più importanti emittenti televisive private a livello regionale. Il successo e la longevità di Settesere ci consegna altri due insegnamenti. La forza e l’attualità del modello cooperativo, elemento che lascia ben sperare in un momento particolarmente difficile per il mondo dell’editoria. E’ proprio vero che quando le scelte sono sane, pulite, piene di passione e vengono supportate da valori profondi, anche le difficoltà più grandi non fanno paura.
L’altro insegnamento è l’importanza della cosiddetta informazione di prossimità, di cui Settesere è un protagonista. Il radicamento sul territorio, insieme alla qualità dei contenuti, è senza dubbio un fattore vincente. Lo dicono chiaramente le statistiche, che illustrano una sostanziale tenuta della stampa locale a fronte dell’emorragia di lettori che ha colpito da tempo i quotidiani nazionali. I giornali legati al territorio sono la voce e il contraddittorio di chi vive in una determinata comunità e rappresentano una valida alternativa al mondo virtuale, sempre più diffuso soprattutto tra i giovani. Sono il volano da cui emerge il senso di appartenenza, un sentire autentico, fatto di passioni e di verità. Raccontare poi le notizie, le storie, i personaggi di una terra vitale come la Romagna è sicuramente un surplus di stimolo e di orgoglio professionale.
Dopo venticinque anni il cammino continua. In occasioni del genere si dice «cento di questi giorni». I più colti usano la locuzione latina «ad maiora semper». Personalmente mi accontento di coltivare, anche come semplice stato d’animo, la speranza che questa voce dall’inconfondibile accento romagnolo continui a riecheggiare ancora a lungo nel variegato e complesso mondo dell’informazione del terzo millennio.
*Caporedattore Rai, Consigliere nazionale Ordine dei Giornalisti