Faenza, Olimpia Randi dopo la terza alluvione: «Deboli e vulnerabili da un anno e mezzo: siamo pronti a lasciare la Palestra Lucchesi»

Romagna | 13 Ottobre 2024 Sport
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Il tono di voce è lo stesso di un anno e mezzo fa, proprio come lo sono le immagini e la rassegnazione. Ma nessuno, dentro i muri sporchi e sfregiati della Palestra Lucchesi, vuole mollare o addirittura arrendersi, «anche se in questo momento ci sentiamo tremendamente deboli e soprattutto vulnerabili e indifesi». Olimpia Randi è consigliera e socia ma anche anima della storica palestra, una delle eccellenze di Faenza, finita per la terza volta sott’acqua dopo l’alluvione di metà settembre, che naturalmente ha procurato altri danni a una struttura che era stata devastata un anno e mezzo fa.
Randi, oggi com’è la situazione all’interno e all’esterno della Palestra Lucchesi?
«In palestra stiamo lavorando malissimo in un salone attiguo, perché i nostri atleti dell’agonistica hanno le gare nel prossimo weekend. Per iniziare i corsi, invece, ci dobbiamo spostare alla scuola Carchidio e anche in questo caso ci dobbiamo adattare. Assieme al Comune, per il futuro, stiamo cercando un capannone per trasferire l’intera attività, ma naturalmente non è un passaggio semplice, anche perché poi andranno costruiti gli spogliatoi».
Per fortuna la terza alluvione è stata meno devastante della seconda. Voi cosa avete perso questa volta?
«Abbiamo subìto meno danni solo perché dentro alla nostra palestra questa volta c’era meno roba. Ma è comunque entrato un metro e mezzo d’acqua. Abbiamo perso i due tappeti principali nel salone, che costano ben 36mila euro, proprio come nelle altre due circostanze. Li abbiamo tolti e li abbiamo buttati via. Poi abbiamo dovuto nuovamente sacrificare e buttare gran parte dell’attrezzatura. Avevamo adattato la sala pesi, perché avremmo dovuto riaprire la settimana successiva, ma gli attrezzi erano compromessi. Quindi dovremo comprare tutta la palestra nuova: ben 300mila euro di attrezzatura. Quanto alla struttura, avevamo già imbiancato la sala pesi, ma anche quel lavoro fatto dopo la seconda alluvione e fino a un metro e mezzo di altezza va ritoccato. In un salone avevamo imbiancato tutto noi e anche quella parte della palestra è tutta da rifare. Quanto ai bagni, li stavamo ultimando ma per fortuna, dopo un inverno senza acqua calda, non avevamo ancora installato le caldaie. Diciamo che oggi i bagni sono praticamente pronti ma non ancora agibili».
Per la terza volta in un anno e mezzo, la Palestra Lucchesi deve ripartire da capo o quasi. Qual è il vostro stato d’animo?
«E’ la terza botta che riceviamo e siamo arrabbiatissimi. Speriamo vengano alzati gli argini, il sindaco ci ha detto che in 4-5 mesi il fiume si sistema, ma c’è una sostanziale differenza rispetto a un anno e mezzo fa: ai tempi era maggio e si andava incontro all’estate, oggi invece è appena cominciato l’autunno e c’è ancora tutto l’inverno da affrontare. Ci sentiamo deboli e vulnerabili, ma soprattutto costantemente esposti a un pericolo. Purtroppo ormai non ci sono più parole per tutto questo. Vieni al mattino, apri la palestra, c’è desolazione. Ma noi vogliamo andare avanti con i nostri bambini, anche se percepisco la paura nei loro occhi».
Nel vostro futuro cosa c’è? E le adesioni come stanno andando?
«Quando troveremo e sistemeremo il nuovo capannone, andremo via per almeno uno o due anni, anche se cambiare ci fa ugualmente paura. Ci sentiremmo maggiormente sicuri, ma poi si potrebbe presentare un altro problema di carattere logistico, legato proprio alle adesioni, perché rischieremmo di perdere chi viene ad allenarsi a piedi o in bicicletta, magari accompagnato dai nonni. Al momento abbiamo sempre una cinquantina di atleti, che per noi sono pochi. Non dico che rischiamo di scomparire, ma di diminuire progressivamente sì. Però noi faremo di tutto per non abbandonarli. Quanto al futuro, ci auguriamo che il presidente della nostra società, Giovanni Morsiani, venga eletto come presidente della federazione Fijlkam. Sarebbe un grande traguardo e una splendida vittoria, per lui e anche per la nostra realtà».
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