Faenza, Cecilia, ex insegnante di sostegno: "Situazione grave"

«Mi sembra una situazione grave, gravissima. L’Italia era all’avanguardia e oggi, invece, se ne sentono di tutti i colori». Cecilia Dalle Fabbriche, faentina, è stata per alcuni anni un’insegnante di sostegno dopo essersi laureata in Scienze della formazione primaria con un corso aggiuntivo specifico sul sostegno che prevedeva esami in più e un tirocinio in più: «Fin da subito, mi hanno chiamata per seguire alunni con disabilità data la penuria di personale che c’era. Ricordo che al mio corso di laurea eravamo solo in quindici ad aver aggiunto la parte relativa al sostegno». Cecilia, che è anche autrice del libro pubblicato dalla faentina Homeless Book «Verso una società inclusiva. Attraverso il sostegno», dopo qualche anno di lavoro è entrata in ruolo ma l’unico posto disponibile era a diverse decine di chilometri da casa: «Così ho scelto di non proseguire su quella strada, nonostante la mia formazione. L’insegnante di sostegno non viene troppo riconosciuto all’interno della scuola. Gli stessi colleghi, quando arriva una ragazzina appena laureata a seguire, magari, un bambino con un disturbo dello spettro autistico, non le danno troppo credito. C’è anche un grosso problema legato alle risorse: per fare bene l’insegnante di sostegno servono non solo competenze di base ma anche un continuo aggiornamento sulle metodologie, che si rinnovano di continuo. Io, insieme a una collega, a Faenza sono stata una delle prime ad approfondire la Caa, la comunicazione aumentativa e alternativa che all’inizio veniva usata per i bimbi con traumi cerebrali e che oggi è stata estesa a una miriade di altri casi. Anche l’autismo è un mondo immenso, io stessa oggi sarei in difficoltà perché la formazione è generica». A tutto questo si aggiunge la parte più emotiva: «Fare l’insegnante di sostegno significa instaurare una relazione spesso molto forte con la famiglia, entrare in un percorso di condivisione molte volte doloroso, difficile. Percorso che poi si interrompe quando si viene mandati a occuparsi di un altro bambino. Tutto questo è pesante e frustrante sia per l’alunno, che per i suoi genitori, che per l’insegnante: «Peccato, davvero, che non ci si renda conto dell’importanza della figura dell’insegnante di sostegno. Credo che le persone interessante a fare questo mestiere ci siano. Basterebbe incentivarle, valorizzarle. Cosa che, invece, viene puntualmente disattesa anche dai nuovi percorsi formativi».