Faenza, Benedetta Cimatti interpreta Donna Rachele nella serie Sky del 2025 dedicata al Duce

Romagna | 27 Ottobre 2024 Cultura
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Federico Savini
«L’ultima cosa che voglio è fare di Donna Rachele una vittima. Nel suo tempo non lo fu di certo e il giudizio storico su quel periodo era e resta impietoso. Ma è stata comunque una donna che ha vissuto un tempo difficile al fianco di uomo molto più che difficile. In questo senso, far emergere il suo dramma interiore è stata una sfida importante. E, come ad ogni personaggio reale che interpreto, spero di avere reso giustizia alla verità». L’attrice faentina Benedetta Cimatti lavora ormai da anni a Roma, dove ha ricoperto ruoli importanti soprattutto in serie tv della Rai (in particolare Coliandro, ma lavorando più volte anche con Alessio Boni) ma anche con i Manetti Bros. Di recente è stata però anche al Festival di Venezia, per presentare M. Il figlio del secolo, miniserie televisiva diretta da Joe Wright, tratta dal romanzo omonimo di Antonio Scurati e distribuita su Sky nel 2025 (ancora non si sa quando). Un progetto importantissimo e internazionale a tutti gli effetti per Benedetta, che nella serie interpreta uno dei ruoli principali, ossia Donna Rachele, la moglie del Duce.
Ci eravamo abituati a vederti in ruoli contemporanei, spesso leggeri, ma in effetti già qualche anno fa partecipasti ad un su Tina Anselmi, che possiamo considerare “in costume”, nel quale interpreti la partigiana e sindacalista Francesca Meneghin. Si tratta di ruoli nuovi per te?
«In effetti il ruolo di Francesca Meneghin è stato il primo realmente “storico” che abbia avuto nel cinema - risponde Benedetta Cimatti -, ma devo dire che dopo quello ho avviato diversi progetti che possiamo definire “in costume”. Direi quindi che con il cinema d’epoca funziono! - ride, nda -. Si tratta, in effetti, di una sfida praticamente doppia, specie se come in questi casi parliamo di figure reali, perché da una parte c’è la responsabilità di portare in scena qualcuno che è davvero vissuto e dall’altra bisogna calarsi nel tempo, assumere gli atteggiamenti d’epoca, immergersi in un mondo in cui le convenzioni erano diverse. L’errore, insomma, è sempre dietro l’angolo».ù
Come sei entrata nel cast di «M. Il figlio del secolo»?
«Sapevo dei provini anche perché parliamo di un progetto enorme, con la regia di Joe Wright, un regista di enorme credito fin dai tempi di Orgoglio e Pregiudizio ed Espiazione. Ho fatto il primo provino con lui e il successivo, quello di call back, già con Luca Marinelli, che interpreta Mussolini nella serie. In quei giorni ero molto indaffarata, non speravo davvero di entrare in un progetto così colossale e studiai la notte, cercando di arrivare il più preparata possibile, ma qualcosa ho improvvisato. E forse è stato anche questo a colpire positivamente il regista, tant’è che poi mi hanno presa».
Forse ha funzionato da subito l’intesa con Marinelli...
«Può essere, in fondo alla seconda prova c’erano sia lui che Joe Wright. Io, tra l’altro, Marinelli l’avevo già conosciuto sul set di Ricordi di Valerio Mieli, ma i nostri personaggi interagivano poco, quindi mi sono ri-presentata. Luca è un attore molto generoso e disponibile, abbiamo affrontato da subito scene complicate, anche perché il rapporto tra Mussolini e Rachele era difficile, violento. Si è creato velocemente un bel feeling a livello di recitazione».
Come hai approcciato la figura di Donna Rachele? Hai guardato soprattutto al libro di Scurati o anche studiato fonti storiche?
«Non c’è una regola precisa ma ovviamente ho letto il libro e fatto uno studio sul personaggio, basandomi comunque sulla sceneggiatura del film, che poi è quello che avrei dovuto portare in scena. Particolarmente utili sono stati alcuni documentari, specie uno con l’intervista alla figlia Edda, utilissimo per capire chi fosse davvero Donna Rachele e cucirmi il personaggio addosso».
Che cos’ha oggi, non dico per forza di attuale ma di interessante un personaggio come Donna Rachele?
«Per me la cosa fondamentale per poterci lavorare è stato eliminare ogni giudizio di fondo che potevo avere su di lei. Ho cercato di approfondire le inevitabili debolezze e sofferenze di questa donna. Non arrivo certo a pensare a Rachele come ad una “vittima”, figuriamoci, ma che sia stata anche travolta da un contesto terribile mi sembra un dato di fatto. Mi sono interrogata su quali sentimenti potessero averla mossa in quegli anni, ho cercato di far emergere le sue difficoltà, i suoi dubbi, che certamente ha avuto».
Parliamo di un set molto importante. Rispetto alle tue precedenti esperienze quale pensi sia la novità maggiore?
«È stato davvero un mondo nuovo, un grande onore lavorare con Luca Marinelli e Joe Wright, che credo sia un genio del cinema. So che di questo termine si abusa ma con lui ho visto un modo di lavorare diverso da quello, comunque già altamente professionale a cui ero abituata. Non ho visto solo una professionalità indefessa sul set, ma anche l’umiltà di confrontarsi con tutti. Il suo atteggiamento ha messo tutti quanti in condizione di dare il meglio. La messa in scena, poi, è davvero accuratissima. Il lavoro delle prove preliminari è enorme: con gli altri attori, con i costumi, con le luce. Con un simile lavoro preparatorio, una volta sulla scena le cose funzionavano alla perfezione. Ogni gesto e ogni dettaglio è frutto di una riflessione. Una simile capacità di guidare gli attori e predisporre ogni aspetto della scena è qualcosa di raro: stimola e rassicura nello stesso tempo!».
Quale genere di pubblico ti auguri che abbia questa serie?
«Degli spettatori “pensanti” di qualunque età. Spettatori che sappiamo cogliere l’aspetto intimo di una vicenda che è stata anche personale, ma che chiaramente si è svolta nel contesto della grande Storia. E se la Storia non può che condannare quanto accadde nell’Italia fascista, la valenza drammaturgica dei personaggi rimane forte e merita di essere approfondita».
La serie è stata girata l’anno scorso, quindi certamente hai fatto altre cose. Puoi anticiparci qualcosa?
«Il 2025 sarà molto ricco, in effetti. Nei mesi scorsi ho interpretato il mio primo ruolo da protagonista nell’opera d’esordio di Mara Fondacaro, Il primo figlio, un film drammatico dedicato a temi molto femminili. Poi ho preso parte ad una serie Rai di Daniele Luchetti e Valia Santella. Si chiama
Prima di Noi ed è anche questo di ambientazione storica, praticamente una saga familiare che ripercorre il Novecento italiano. Di recente ho appena finito di girare Giovannino Guareschi - Non muoio neanche se mi ammazzano di Andrea Porporati, nella quale interpreto Ennia, l’amatissima moglie dello scrittore».
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