Decreto sicurezza bis, le Caritas di Ravenna e Faenza: "Preoccupazione"

Silvia Manzani
«Per il momento, l’effetto più immediato è che le strutture con le quali collaboravamo da tempo non hanno partecipato ai bandi per via dei budget ridotti e delle regole restrittive. Per il resto, guardando avanti, siamo molto preoccupati. Qualcosa, in peggio, nei prossimi mesi senz’altro cambierà». Don Alain Gonzalez Valdes, direttore della Caritas diocesana di Ravenna, è certo che il decreto sicurezza bis, poi convertito in legge, con le sue limitazioni andrà a impattare anche sul numero di persone che finiranno per bussare alle porte della Caritas: «Il sistema di accoglienza dei migranti, nel nostro Paese, aveva già diverse difficoltà. Mi aspetto che la situazione diventi, prossimamente, ancora più caotica. Il primo esempio riguarda lo status di rifugiato: sempre meno persone lo otterranno, certi diritti legati alla protezione internazionale stanno venendo meno e laddove lo Stato non potrà intervenire, saranno soggetti come la Caritas a farlo al suo posto. Restiamo vigili, convinti che non si possa pensare di aumentare la sicurezza andando a colpire le fasce più vulnerabili». Stimare in quale quantità i bisognosi che chiederanno aiuto alla Caritas potranno crescere non è semplice: «Siamo però certi che nel momento in cui la gente è per strada e non può accedere a certi servizi, viene da noi, anche perché se non si è iscritti all’anagrafe comunale, gli enti pubblici possono fare ben poco. Chi interverrà, allora? Le strutture di carità del territorio, senza ombra di dubbio».
«RINUNCE DI MOLTI ENTI»
Il quadro è confermato da Don Marco Ferrini, direttore della Caritas diocesana Faenza – Modigliana: «Possiamo già immaginare ricadute dirette sui territori locali come il nostro. Sappiamo già di richiedenti asilo usciti dagli Sprar o dai Centri di accoglienza straordinari che non hanno ottenuto lo status. Sono persone che si ritroveranno per strada e approderanno, inevitabilmente, alle Caritas». Ma il numero delle richieste di aiuto da parte degli stranieri, secondo il sacerdote, aumenterà anche per effetto di un’atra conseguenze nelle norme in materia di immigrazione: «Tra i soggetti che collaborano con noi sul fronte dell’accoglienza, ben tre enti gestori non hanno partecipato ai bandi. Parlo dell’associazione “Farsi prossimo”, di A.M.I. e della Francesco Bandini. Il decreto sicurezza, indubbiamente, non ha favorito la micro-accoglienza, rendendola sostenibile solo se fatta sui grandi numeri: così facendo, è andato dunque a ridurre i soggetti che se ne possono o vogliono occupare. Sottolino il “vogliono”, visto che le rinunce alle proposte arrivate dal Ministero sono avvenute anche per questioni di principio: i tagli alle attività di integrazione e alfabetizzazione, per alcuni, non sono accettabili». Nei prossimi mesi, per Don Ferrini, la situazione sarà più chiara anche numericamente: «Quest’anno abbiamo già registrato una crescita degli accessi al nostro Centro d’ascolto e in particolare alla mensa, un fenomeno che ha riguardato sia gli italiani che gli stranieri. Vedremo in che modo il decreto sicurezza impatterà sulle richieste».