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Elena Nencini
«Allievi e maestri a confronto: la fotografia secondo Daniele Casadio» è il titolo dell’incontro che si terrà al Moog di via Padenna a Ravenna sabato 30 marzo alle 18 proprio per ripercorrere la sua esperienza di allievo di Ettore Malanca e di maestro, fra gli altri, di Alex Maioli, oggi presidente di Magnum.
Un Socrate della fotografia, come alcuni suoi seguaci lo hanno definito, perché ha il dono di tirare fuori dagli altri le cose migliori. A dialogare con lui il curatore della rassegna Ivano Mazzani. In mostra anche alcune stampe fotografiche che racconlato la carriera del fotografo ravennate.
Casadio è l’essenziale: dall’immagine si aspetta sorpresa e stupore. Nato a Ravenna nel 1957, entra nel mondo della fotografia giovanissimo a fianco di Ettore Malanca. Divenuto a sua volta maestro, annovera tra i suoi allievi il grande Alex Maioli. Fotografo di posa e non solo, è ritrattista innovativo, stampatore e anche filosofo di vita. Come ha cominciato?
«Facevo il modello per Ettore Malanca, nel 1979, avevo 21 anni, ero una sorta di assistente e gli chiesi di portarmi con lui. Avevo già cominciato con il negozio di fotografia di Sergio Frantini e poi con Carlo Ferruzzi. Poi incontrai Malanca e Nevio Natali che erano i primi a fare fotografia industriale ad alto livello». Il primo approccio con la fotografia è stato in casa?
«Si, mio padre, ma non mi hai mai fatto usare le sue macchine fotografiche. Soltanto quando ho cominciato a fare l’assistente per altri fotografi mi sono potuto cimentare». Che tipo di soggetti preferisce?
«Qualsiasi cosa. Credo che il fotografo usi la macchina fotografica per fissare quello che con la mente non può fissare. E’ un attrezzo che serve per fermare delle cose che hai intuito e non puoi fermare in altro modo. E’ importante l‘uso del sistema analogico perché non vedi cosa stai facendo e il tuo cervello, volta per volta, che sviluppi la pellicola e la stampa, memorizza dei modi di relazione con la fotografia. Ancora adesso consiglio ai miei allievi di provare ad usare le macchine fotografiche analogiche per imparare quello che è il fondamento della fotografia cioè vedere la luce. Non è la quantità di luce, ma la qualità e la direzione di luce indirizzata su qualsiasi tipo di soggetto. E’ un grande insegnamento». Preferisce il bianco e nero o il colore?
«Colore o bianco/nero è indifferente. Ho realizzato dei ritratti 10x12 cm con il banco ottico, in bianco nero, molto intensi. Ho usato materiale Polaroid per 20 anni, perchè collaboravo con la Polaroid Italia». Cosa le ha insegnato Malanca?
«La disciplina, l’attenzione, anche pulire lo studio che è una delle prassi molto importanti per uno che non è in grado di fare l’assistente. Intanto che pulisci pensi. Molti dei suoi silenzi mi sono serviti a capire atmosfere e molto altro. Ad Alex Maioli ho insegnato le stesse cose, disciplina, dedizione e amore per le cose che ti piacciono. Importante non è l’uso del mezzo tecnico, ma è fondamentale la relazione con la luce».
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