Fabrizia Montanari - A un anno dalle celebrazioni faentine del 50° Premio Europa, nell’odierno clima politico che mette a repentaglio le basi stesse dell’Unione Europea, entriamo nel mondo di una testimone locale di “europeità”, portabandiera, attraverso la sua esperienza diretta, delle migliori opportunità di mobilità internazionale per i giovani del nostro Paese. Susana Alves non è modiglianese, non è italiana, non è portoghese. Susana è “fusion”, un singolare mix di culture e conoscenze che, a soli 30 anni, ne fa un esempio di integrazione riuscita perché perseguita con intelligenza e determinazione. Integrazione per Susana non è solo una parola, è vita, personale e professionale da quando, 5 anni fa, ha lasciato definitivamente Lisbona per trasferirsi a Modigliana dove ha trovato amore e lavoro. La sua sembra una bella favola e lo è, ma è una favola che, da una prima scelta impulsiva e coraggiosa, si è trasformata via via in un percorso in divenire, portando avanti le proprie passioni: la storia dell’arte, i viaggi e la scoperta di nuove culture.
Susana, ci racconta i suoi esordi?
«Tutto è iniziato con un master in Storia dell’Arte a Lisbona. Ho sempre voluto misurarmi col mondo della ricerca storica e museale, possibilmente in un’ottica di inclusione ed accessibilità per tutti».
Dopodiché viene a conoscenza di progetti europei per i giovani
«Non avevo mai pensato di uscire da Lisbona ma, complice un tirocinio promosso dalla mia Università, mi iscrivo d’impulso, vengo selezionata e trascorro per la prima volta sei mesi lontano da casa, a Barcellona, insieme ad altri giovani in una fondazione d’Architettura. Tornata a casa, non sono più la stessa, mi sento incompleta, l’avventura deve continuare e volo in Turchia con altri 30 giovani europei e qui scopro la possibilità del Servizio Volontario Europeo».
E arriva in Italia…
«Si, a Forlì, dove per 10 mesi faccio volontariato in una casa di riposo. L’esperienza mi segna nel profondo, tanto che decido di restare in Italia e di svolgere il Servizio Civile nel settore progettazione e accoglienza di giovani volontari. E, nel 2016, vengo a contatto con la cooperativa Kara Bobowski di Modigliana (che da ben 22 anni organizza progetti di mobilità inclusiva per ragazzi con disabilità ndr)».
E oggi di cosa si occupa?
«Faccio parte del team di progettazione e gestisco progetti a livello locale per lo sviluppo dei nostri servizi e iniziative di mobilità europea».
Cosa ama di più del nostro territorio?
«La ricchezza umana, culturale, artistica, di produzione e il fatto che, in un piccolo paese, mi sento integrata e protetta».
Nostalgia di casa?
«Si, “saudade” quel sentimento ineffabile tutto portoghese che è mancanza profonda di qualcosa o qualcuno, ma non torno indietro, anche perché la mia famiglia mi spinge a restare in Italia. Quel che viene da fuori è sempre meglio - pensano i portoghesi - di conseguenza anche i miei genitori».
Cosa suggerisce ai giovani che vogliano intraprendere un percorso come il suo?
«A me le esperienze all’estero hanno cambiato vita e prospettive, tuttavia non è detto che tutti debbano fare scelte così definitive; portare a casa insegnamenti e competenze acquisite fuori e svilupparli nel proprio Pese d’origine è altrettanto stimolante».
In quale Paese sarà il futuro di Susana?
«Per ora in Italia, poi chissà; poiché mi sento europea, dove abito è irrilevante se posso continuare a fare ciò che mi appassiona e in cui credo».