Covid, il dg dell'Ausl Romagna Carradori: "Non c'è emergenza posti letto, la trincea rimane il territorio"
Manuel Poletti - «L’aumento dei ricoveri è ancora contenuto, ma dobbiamo rimanere molto vigili, la seconda ondata del Covid-19 può diventare pericolosa. La situazione rispetto al marzo scorso è diversa, i numeri lo raccontano bene. La nostra trincea deve essere il territorio, non gli ospedali, per questo abbiamo aumentato di altre 116 unità chi segue il tracciamento. Il problema vero è il reperimento dei medici, e per il vaccino ci vuole ancora pazienza, la copertura su larga parte della popolazione arriverà solo nella seconda parte del 2021».
Il dg dell’Ausl Romagna Tiziano Carradori mantiene la calma e la lucidità necessaria in un momento come questo, dove l’impennata dei nuovi contagi da Covid tocca inevitabilmente anche il nostro territorio.
Direttore Carradori, la seconda ondata del Covid-19 che impatto ha avuto fino ad ora sugli ospedali romagnoli?
«Per ora la situazione dei nostri ospedali, come in altre realtà, riscontra un aumento di ricoveri, anche se in una misura sostanzialmente contenuta. La nostra azienda ha adottato un piano in risposta all’emergenza Coronavirus a fine estate, man mano che aumenta “l’onda” aumentiamo il livello di guardia e destiniamo più risorse per contrastare il Covid-19. Se prendiamo le Unità operative da inizio ottobre in medicina e pneumologia, si evidenzia un aumento di ricoveri considerevoli: dei 55 posti letto in malattie infettive, i pazienti Covid oggi (martedì 27, ndr) sono 45, pari all’82%; nell’area pneumologica, con 340 posti come massima disponibilità di cui 157 attualmente già destinati a Covid, quelli occupati sono 135, pari al 40% della massima disponibilità ed all’86% dei 157 già destinati, mentre nella zona intensiva, invece, la dotazione è attualmente di 28 posti Covid, di cui gli occupati sono il 68% con 19 pazienti».
Non c’è ancora emergenza posti letto, ma si rischia in prospettiva? Ora siamo al livello «arancione», quanto manca al «rosso»?
«Stiamo lavorando, come ho spiegato, sulla dotazione attuale di circa 250, 240 per l’esattezza a martedì 27, posti Covid (senza le terapie intensive): ora li abbiamo occupati nel complesso al 75%. Liberi sono ancora 40-50 posti (a martedì 27). Il ritmo di crescita degli ultimi giorni dobbiamo tenerlo monitorato, ora ci deve essere vigilanza e allerta persistente, ma siamo lontani da situazioni gravi di altre regioni».
Rispetto a marzo la situazione è ancora molto diversa? L’attuale tasso di ospedalizzazione rassicura?
«Si, è molto diversa. Noi in marzo ed aprile avevamo un tasso di ospedalizzazione molto più elevata. Il 3 aprile 2020 noi avevamo 28700 ricoveri da Covid e 4068 in terapia intesiva in Italia (38,4% dei positivi, in Emilia Romagna erano il 35,14%). Il 23 ottobre la percentuale dei ricoveri totali sui positivi era invece del 2,39% in Italia, in Emilia Romagna dell’1,67%, in Romagna persino dell’1,59%. Una situazione molto diversa, ma a cui dobbiamo prestare grande attenzione».
Contact tracing, tracciamento e restrizioni: questa è la strada giusta?
«Assolutamente sì, senza passi indietro, tracciare è fondamentale. Noi siamo ancora in una situazione migliore di altre regioni del centro-nord. Tanto più è bassa la percentuale di casi che non sono associate a catene note tanto più è alta la nostra capacità di tracciare. Tanto minore maggiore sarà il ritardo fra diagnosi e notifica, tanto sarà peggio; da noi quasi sempre sta sotto i due giorni, un dato positivo e fondamentale per prevenire situazioni gravi».
Avete già aumentato il personale impiegato sul tracciamento? In molte aree d’Italia sono in affanno su questo punto delicato…...
«L’Ausl Romagna ha già aumentato enormemente il livello di personale dedicato. Nella prima fase avevamo 177 unità, con le nuove misure da settembre abbiamo aggiunto altre 116 unità. Complessivamente sono quasi 300 per le attività di contact tracing, prelievo e conferimento tamponi, monitoraggio e contatto dei quarantenati».
Preoccupa la situazione nelle strutture per anziani come le Cra, dopo il caso di Alfonsine?
«Noi abbiamo 2 Cra completamente dedicate a pazienti Covid, per un totale di 44 posti, oggi una ventina sono occupate. Il caso di Alfonsine va monitoriato con attenzione come stiamo facendo, molti malati sono stati trattati anche in loco. Il virus è molto più pericoloso per le fasce di età più avanzata e con più patologie. Poi, visto che “piove sempre sul bagnato”, le fasce più fragili anche a livello socio-economico, risultano dagli studi avviati in questi mesi le più attaccabili e vulnerabili al virus. Sta emergendo anche in questo caso come le Pandemie enfatizzano ancor di più le differenza socio-economiche e di salute nella popolazione. Adesso più che parlare di epidemia, si parla sempre più spesso di fsindemia».
Le altre prestazioni, dopo i ritardi accumulati in primavera, rischiano ulteriori slittamenti o no?
«Continuiamo nella nostra attività, allo stato attuale non aggiungiamo problemi a quelli già esistenti. Abbiamo recuperato fino ad oggi circa l’86-87% delle prestazioni specialistiche ambulatoriali. Non abbiamo chiuso le agende. Il dato vero però, di cui si parla troppo poco, è che mancano medici, e si faticano a trovare. Non abbiamo richiamato in servizio figure pensionate e penso non lo faremo, almeno in Romagna. Abbiamo reclutato tutto quello che c’era sul mercato, al privato accreditato abbiamo chiesto di produrre più servizi».
La questione dei medici è un problema che avvertite particolarmente mi pare…...
«Sì, dobbiamo assolutamente risolverla in tempi celeri, non possiamo rispondere con misure ordinarie ad una situazione straordinaria. Abbiamo 10-20 mila medici già laureati fuori dalle specializzazioni, in termini di reclutamento si deve fare di più, servono misure più snelle che ci permettano d’intervenire».
Infine, solo il vaccino metterà fine a questa Pandemia? Fino a marzo 2021 sarà molto dura, poi la situazione potrebbe migliorare?
«Il vaccino, una volta “promosso”, non potrà essere applicato in breve tempo alla popolazione in larga scala, servirà almeno buona parte del prossimo anno, se tutto andrà bene, non dobbiamo illuderci di tempi troppo veloci. Entro il 2021 avremo una buona copertura, questo si può dire e soprattutto sperare. Fino a marzo certamente sarà il periodo più duro, ora bisogna prestare molta attenzione alla convivenza fra i sintomi influenzali di stagione e il Covid-19. La nostra trincea deve rimanere il territorio, non gli ospedali, continueremo a porre grande attenzione e forza sul tracciamento, sul testing e sulla diagionistica (test rapidi, Immuni, ecc). Serve più collaborazione fra soggetti pubblici e privati accreditati e grande senso di responsabilità nella popolazione, che deve sempre fare la sua parte, come è stato fatto nei mesi primaverili».