Casola Valsenio, la famiglia di Alessandro Pifferi, castanicoltori da sempre, lancia l’allarme post alluvione trovando alternative per resistere
Riccardo Isola - Ci sono eroi le cui gesta non finiranno, molto probabilmente, nei libri di storia. Eroi che con caparbietà, costanza, determinazione e un pizzico di follia, però, lottano, soprattutto, contro un’indifferenza o una sottovalutuazione dell’importanza che rivestono sul presidio e manutenzione del territorio e di un’economia rural-montana in forte crisi. Una sfida che però sembra, molte volte, veramente difficile da comprendere, soprattutto da chi dovrebbe valorizzarne l’essenza e lo sforzo del loro lavoro. Istituzioni da una parte e mercato dall’altra. Da qui, infatti, arrivano promesse che però rimangono più che altro intenzioni e non trovano attuazione. Un esempio? Basta fare pochi chilometri a sud della via Emilia. Arrampicarsi lungo le tortuose lingue d’asfalto d’Appennino, se non sono franate, immergendosi in una tela paesaggistica in cui il verde dei boschi, l’azzurro delle argille e le sfumature di grigio delle marne e arenarie, predominano. E’ qui che un’agricoltura di resilienza, di storia e cultura, genera eroi: la castanicoltura. Parliamo di uno dei prodotti d’autunno e di stagione, più identificanti degli sforzi titanici e quotidiani che questa sparuta pattuglia di sentinelle del territorio porta avanti.
ATTO EROICO POST ALLUVIONE
Fare castanicoltura è atto eroico oltre che agricolo. Non ci sono tanti mezzi meccanici e automatizzati che possano allievare l’atavico e antropico lavoro della terra di montagna. Una coltivazione di un frutto, difficile, che è stato sostentamento per queste terre e queste genti d’Appennino da sempre. Non a caso, il castagno, viene chiamato «l’Albero del pane». Ma non c’è solo una fatica antropologica e morfologica. Negli ultimi anni ci si è messa sempre di più anche Madre Natura a giocare brutti scherzetti. Prima con la vespa cinese, poi con la siccità, poi con le piogge torrenziali che dilavano e feriscono gli scoscesi «orti» boschivi dove questi secolari patriarci vivono. L’ultimo schiaffo è arrivato nel 2023. Lo sa bene Alessandro Pifferi, che assieme alla sua famiglia, al confine tra Romagna e Toscana, in un podere che gli appartiere da generazioni, si parla della presenza dei Pifferi in questi terreni già nel 1500 d.C., in quel maledetto maggio dell’anno scorso, ha subito l’ennesimo scherzo perdendo diversi ettari di terreno con decine e decine di alberi di questo frutto. «E’ stata ua mazzata - commenta ancora con un nodo alla gola lo stesso castanicoltore-. Erano alberi secolari che oggi o sono morti o sono stati sradicati oppure anche se solo spostati dalla loro sede originaria non in grado di produrre più». Piantare nuovi castagni potrebbe essere la soluzione ma «questi vanno in produzione almeno dopo vent’anni».
PRODOTTI TRASFORMATI
In ogni eroe che si rispetti c’è però la determinazione di voler ribaltare le sorti della battaglia. La famiglia Pifferi lo sta tentando di fare attraverso un’intuizione. Questa volta venuta dalla mente dei due figli, Francesca e Leonardo. Lo conferma Alessandro che sottolinea come «mi hanno spronato a non mollare ma a pensare come da una disfatta potesse arrivare uno slancio di rivincita. Saper reinventarsi, adattarsi alle mutate esigenze e evidenze è stato necessario. Da qui abbiamo iniziato a pensare cosa potevamo fare di nuovo». E l’intuizione partorita è di quelle che danno prospettive. Per Francesca questa idea «è probabilmente una delle possibilità che possiamo giocarci per non mollare. Non vogliamo e non possiamo demordere». Ecco quindi la decisione di partire dal fresco per realizzare anche prodotti trasformati. «In primis con l’essicatura, assolutamente open air e senza affumicatura, per non alterare le proprietà gustative e organolettiche del prodotto. Poi con la macinatura del marrone per farne farina, uno sforzo non facile visto che per otterne un chilo ne servono almeno tre di marroni, da utilizzare in diversi ambiti della preparazione culinaria e gastronomica. Farina che proveniendo da una materia prima sprovvista di glutine è molto adatta a chi soffre di celiachia» Ma non solo. «Abbiamo aperto una più stretta collaborazione - prosegue - con un piccolo laboratorio di Marradi che realizza per noi biscotti e cantucci». Non da ultimo c’è «la creazione di una crema spalmabile realizzata con i nostri marroni» a cui si sta aggiungendo anche la possibilità di realizzazione di una birra in collaborazione con il Birrificio Valsenio.
«DOVETE AIUTARCI!»
In conclusione però la famiglia Pifferi a una cosa crede molto: «fare presidio costante, quotidiano e produttivo del territorio di Montagna, oggi, non bisogna pensare sia cosa scontata e banale». Se non arrivano risposte tempestive, concrete, vere alle richieste che i ‘montanari’ fanno ogni giorno per permettere di continuare a generare reddito, il rischio è che questo straordinario territorio si spopoli, soprattutto per le mancate occasioni preparate per le future generazioni. «Non è una minaccia - conclude Alessandro - ma una, nostro malgradio e purtroppo, triste e incontrovertibile realtà». Della serie, l’allerta è risuonata ancora una volta, sarebbe bene prenderla in seria ed efficace considerazione. Perché se è vero, per esempio, che in Valtellina ai vignaioli eroici scorre Nebbiolo nelle vene, in Campagnia il latte, qua tra Romagna e Toscana scorre, come docili fiumi, la dolcissima crema di marroni.
STESSA PIANTA, FRUTTI DIFFERENTI
Ormai nel lessico quotidiano e comune castagna viene, sbagliando, utilizzato per racchiudere il senso di qualsiasi tipo di frutto del castagno. Tra castagna e marrone, infatti, le differenze sono molte. Di forma e sostanza. Parlando della prima si fa riferimento a un vasto areale di varietà. Praticamente sono i frutti del castagno europeo, pianta selvatica ribattezata come «Albero del pane». Hanno generalmente una forma allungata con un colore che tende al bruno scuro. Molto identificativo di questa tipologia di frutto del bosco è la presenza di una buccia interna che si inserisce in modo profondo nella polpa, succede per esempio di trovare anche una divisione dello stesso frutto (frutti settati) che porta ad avere difficoltà per sbucciarli. In commercio le castagne si trovano di varie pezzature, sono più piccole e costano meno. I marroni, veri principi dell’albero del castagno, a differenza delle cugine marrone, invece, sono prodotti coltivati e creati grazie a successivi innesti della pianta madre. Vengono quindi definiti marroni i frutti, anch’essi racchiusi dentro un riccio, che non sono settati, e hanno generalmente una forma più grossa. La buccia acquista tonalità di bruno chiaro con la presenza di striature. Dal punto di vista organolettico questi hanno un gusto più dolce e profumato. Nei marroni l’episperma (la buccia del frutto) non penetra la polpa permettendogli di essere sbucciati con molta più facilità. La maturazione avviene verso la fine di settembre inizio ottobre.