Carla Piton: "A Ravenna sto bene ma mi manca l'odore del cacao"
Silvia Manzani
«Mi manca l’odore del cacao la mattina. Quando ero piccola, a casa mia, arrivava il profumo della torrefazione delle fave. Un ricordo che rimane anche a distanza di anni». Carla Piton, 45 anni, originaria di Bahia, oggi è un’insegnante a Ravenna. Mamma di due ragazze di 12 e 15 anni, si è trasferita in città nel 2000 da Perugia, dove era andata per studiare la lingua e la cultura italiana: «Allora esisteva un sito dove chi voleva praticare la lingua poteva iscriversi per trovare persone disponibili. Un giorno lessi il messaggio di un ragazzo, Marco, che cercava gente di cultura nipponica: non faceva al caso mio ma gli chiesi se fosse disponibile a darmi una mano per perfezionarmi. Lui accettò, poi non ci sentimmo per sei mesi perché tornai a casa per alcune questioni burocratiche legate al mio visto. Quando rientrai in Italia lo chiamai e mi sembrò avere una voce orribile. Quando ci incontrammo, però, fu colpo di fulmine: ci innamorammo, io lasciai l’università per lui e venni a Ravenna». I primi tempi, per Carla, non furono facili: «Mi stupivo del fatto che la gente non ti guardasse in faccia, che al supermercato nessuno sorridesse. Poi, col tempo, ho trovato amiche meravigliose, rapporti molto profondi. Insomma, qui sto bene, anche se il Brasile, chiaramente, mi manca: là ci sono mia madre, mia nonna, le mie sorelle, un fratello. La saudade si sente ma per fortuna, a Ravenna, sono riuscita a realizzarmi». Vicepresidente della cooperativa Terra Mia, per la quale ha fatto la mediatrice culturale e l’atelierista, Carla ha lavorato per una cooperativa di Bologna, insegnando italiano ai rifugiati e agli stranieri. Innamorata dell’insegnamento dell’italiano come seconda lingua e specializzatasi nella materia con un master e diversi corsi, è poi entrata nel mondo della scuola: «Oggi sono in una classe sperimentale in un istituto professionale e in una scuola elementare, dove lavoro come maestra di potenziamento. Come dice il mio cognome, non ho mai paura di cambiare pelle: mi piacciono le sfide e, più le cose sono difficili, più mi attraggono». L’ultima volta che è stata a casa, lo scorso anno, Carla ha sentito di nuovo quello strappo che avviene ogni volta che lascia il Brasile: «Anche le mie figlie, che si sentono per metà italiane e per metà brasiliane, vivono lo stesso distacco». Ma Carla, per rimanere con il cuore e la testa aggrappata alla sua terra, è sempre rimasta attenta e attiva sulle tematiche calde del suo Paese: «Così colmo il vuoto della distanza: faccio parte del comitato italiano “Lula Livre” per la difesa della democrazia e del collettivo femminista “Marielle Franco” che ha aperto una sezione a Ravenna tre settimane fa per chiedere verità e giustizia per l’omicidio della politica brasiliana uccisa il 14 marzo del 2018».