Brisighella, un nuovo «Sentiero Natura» sui gessi del Carnè
Sandro Bassi - Nell’àmbito del progetto Life (finanziato dall’Europa) sul risanamento dei querceti originari, è stato aperto dal Parco Regionale Vena del Gesso un nuovo «Sentiero Natura». Facile e relativamente breve (un’oretta a piedi), esso parte e arriva al Carnè e in pratica lo si può imboccare dall’omonimo rifugio.
Con sei «stazioni» contrassegnate da altrettante tabelle illustrative, conduce attraverso i siti recentemente interessati da lavori forestali appunto di applicazione del progetto Life. Si è trattato intanto di interventi di rimozione - graduale e selettiva, non totale - di quelle conifere esotiche (principalmente pino nero austriaco) piantate qui in passato, a partire dagli anni ’30, e che costituivano un elemento estraneo al paesaggio naturale e anche un ostacolo alla rinnovazione dei querceti autoctoni. Questi ultimi sono costituiti da roverella (Quercus pubescens), accompagnata ad orniello, carpino nero, aceri e sorbi; nel sottobosco, almeno nelle parti più soleggiate, si trovano ligustro, viburni, citìsi, prugnoli, rose selvatiche. Ove mancanti, queste ultime specie sono state reintrodotte con circa 8mila pianticelle allevate nel vivaio officinale di Casola Valsenio.
Una azione molto più cauta è stata effettuata sui cipressi, sempre piantati dall’uomo e appartenenti ad una specie (Cupressus sempervirens, originaria dei Balcani meridionali) mediterranea ma non autoctona in senso stretto, tuttavia presente in Italia da oltre 2mila anni e notoriamente entrata a far parte dei paesaggi tradizionali; diverso il discorso per il cipresso dell’Arizona, piantato nei decenni scorsi in zona Rontana assieme a pino nero e talvolta anche a cedri.
E’ stata anche promossa la conservazione di insetti rari e legati appunto ai boschi di quercia: è il caso del cervo volante o dello scarabeo odoroso e a tal scopo, per favorirne i cicli vitali, sono state aggiunte anche cassette-nido in legno, ad esempio sulla secolare quercia presso il Rifugio Carnè (distante da quest’ultimo circa 200 metri in direzione ovest). Quest’ultima costituisce da sola un monumento vivente, di valore naturalistico ma anche «storico»: testimonia la passata importanza della produzione di ghiande per alimentare i maiali.