Sandro Bassi -L’ex cava Monticino di Brisighella, dal 2006 museo geologico all’aperto, è da tempo oggetto di restauri per sentieristica, staccionate e apparati didattici. La vera novità consiste però nella ricostruzione degli animali di cui vennero trovati resti fossili negli anni ’80 del secolo scorso, animali risalenti al Messiniano (5.5-6 milioni di anni fa) e che popolarono la «neonata» Vena del Gesso allora costituita da un variopinto assieme di steppe, lagune e vere e proprie savane, il tutto a clima caldo-arido ben diverso da quello attuale.
I fossili sono conservati al museo «Malmerendi» di Faenza mentre al Monticino, finora, non c’era altro che pannelli: testi esaurienti, immagini evocative e scientifiche, ma nulla di più. Entro ottobre, invece, saranno installati i modelli in vetroresina, a scala naturale (1:1), dei sette campioni più rappresentativi e più spettacolari fra le oltre 60 specie animali qui rinvenute. A Marco Sami, geologo che assieme a Massimiliano Costa, direttore del Parco regionale Vena del Gesso, ebbe a suo tempo l’idea di questo allestimento, chiediamo qualche dato in più.
Sami, ci elenchi intanto gli animali…
«Il più grande è il Mastodonte, antenato dei mammuth però a zanne dritte e con dimensioni davvero imponenti: 3 m alla spalla per circa 4 di lunghezza. Poi, a scalare: rinoceronte preistorico, Hippoterium (antenato tridattilo del cavallo e relativamente piccolo, come un pony), iena (ma grande circa come un cane maremmano), oritteropo (formichiere africano), coccodrillo (di taglia media, lungo quasi 3 m) e infine mesopiteco, una snella scimmia arboricola con la coda lunga».
Quando verranno collocati in sito?
«Fra pochi giorni. Attualmente sono in un deposito del comune di Brisighella».
Chi li ha realizzati?
«Una ditta polacca su miei disegni. Io ho seguito il lavoro in maniera indiretta ma costante, correggendo i bozzetti man mano che mi venivano inviate le foto».
Ma i resti fossili del Monticino sono per loro natura frammentari. Come siete arrivati ad una ricostruzione tridimensionale completa?
«Come sempre si fa in questi casi, per estrapolazioni successive in base agli studi di paleontologia. Faccio comunque presente che nella fauna del Monticino sono ben rappresentati i denti, che, a differenza di altri reperti più generici come ad esempio vertebre o costole, costituiscono caratteri distintivi molto attendibili».
Lei aveva mai fatto un lavoro del genere?
«Avevo ricostruito la sagoma di uno dei due dinosauri di cui il Malmerendi espone le impronte fossili. Si trattava però di una sagoma, a due dimensioni, mentre qui sono tre».
Pensa che questo allestimento attirerà anche, o soprattutto, i bambini?
«Penso di sì e non ci trovo nulla di male. L’effetto sarà di grande impatto visivo ed emotivo e tuttavia non si tratta di trovate da baraccone ma di ricostruzioni scientifiche. Che poi siano attratti i bambini, che ci vanno con i genitori, certo, e ben vengano. Del resto non si pagherà un biglietto e quindi non c’è nulla di commerciale né tantomeno di turistico-truffaldino».
Turistico sì però…
«E che problema c’è? Brisighella è un paese a vocazione turistica e qui siamo in ambiente semi-naturale concepito per sopportare anche migliaia di persone»
A proposito, quanto è costato il tutto?
«Qualche decina di migliaia di euro che hanno coperto anche le spese di rifacimento pannelli, sentieristica ecc. Il tutto a spese del Parco con un contributo della Regione».