Alluvione, i referenti dei Comitati della provincia di Ravenna: «Tanta rabbia, siamo esasperati dai ritardi sulle opere e sui rimborsi»

Romagna | 07 Ottobre 2024 Cronaca
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Marianna Carnoli - Alluvione, ci risiamo. Secondo il rapporto preliminare realizzato dal Centro funzionale regionale Arpae-Struttura IdroMeteoClima in collaborazione con l’Area Geologia suoli e sismica della Regione Emilia-Romagna che ha analizzato le condizioni meteorologiche, l’andamento idrologico e le principali criticità idrogeologiche dell’evento meteo del 17-19 settembre, è emerso che il quantitativo delle piogge è stato superiore a ognuno degli eventi consecutivi che hanno interessato gli stessi territori a maggio 2023. Ma questi dati interessano  no ad un certo punto gli abitanti di Traversara che sono dovuti scappare dalla rottura dell’argine del Lamone o quelli di Faenza che, dopo un anno e mezzo, si sono ritrovati ancora con l’acqua in casa. I diversi Comitati cittadini sono sul piede di guerra e chiedono interventi risolutivi- e non tampone- per un territorio ormai martoriato.

LIVERANI (BASSITALIA): «A FAENZA SIAMO ESASPERATI»
Tensione altissima, dopo la terza alluvione, nel faentino. Enrico Liverani, portavoce del Comitato Bassa Italia a Faenza che copre l’area tra le vie Lapi, Comerio, Calamelli, Bettisi, Renaccio, Batticucculo, Mezzarisa, Pani, Carboni, Ortolani e Ballardini parla di lavori di messa in sicurezza degli argini ancora indietro e di criticità- purtroppo le solite- alla rete fognaria che non riesce a far de uire una grande mole d’acqua. «I residenti di via Cimatti si sono allagati per la terza volta in un anno e mezzo ed ora parlano di azioni legali, sono esasperati. Prima dell’alluvione di settembre, con il percorso partecipativo “Ripensa” lanciato dalla Regione, i lavori erano ancora in alto mare: abbiamo fatto alcuni incontri a giugno e luglio, incontri informativi che non spiegavano quale strada pratica il progetto prendesse né da dove sarebbero arrivati i fondi. L’unica cosa certa era che i tempi sarebbero stati lunghissimi, da qui la nostra s ducia visto che eravamo praticamente certi che la successiva allerta meteo non sarebbe arrivata dopo 20 anni. Ora il sindaco Massimo Isola ha preso un’iniziativa forte, ma dobbiamo capire se nei prossimi mesi il Comune riuscirà ad acquistare il terreno in via Cimatti , a presentare il progetto alla struttura commissariale e all’Autorità di bacino per costruire una sorta di bacino di laminazione che raccolga le acque». Liverani che è fuori casa con la sua famiglia dalla prima alluvione, rimarca l’assenza del Governo e la lentezza della struttura commissariale «che ha  stanziato la ricostruzione dell’asilo nido e dei due ponti delle Grazie e Bailey, ma pare non abbia poteri speciali e ha creato norme intricate per ottenere i rimborsi». Sulle fognature, invece, il discorso è locale. «Il Comune si era impegnato con Hera per una razionalizzazione degli scarichi e l’implementazione di pompe idrovore strutturali. I lavori sono stati realizzati nel Borgotto e in via della Valle poi si sono fermati per l’estate e con la nuova alluvione loro non si sono allagati mentre via Lapi e l’Orto Bertoni si, con ben un metro e mezzo di acqua nelle cantine. Il sindaco ha aperto un contenzioso con Hera che non solo non ha realizzato nei tempi i lavori, ma non è stata in grado di gestire l’emergenza con pompe temporanee come, invece, aveva promesso. Siamo in una situazione di stand by, abbiamo mandato relazioni tecniche in Regione e Provincia redatte da tecnici che spiegano come gli argini siano ancora fragili, dopo l’alluvione dello scorso anno e siano da riprendere tutti, visto che sono pieni di crepe. Come si fa a vivere in un quartiere dove appena inizia a piovere, temi di  nire sott’acqua?».

TAROZZI (SANT’AGATA 17/5/23): «GIU’ IL PONTE QUANTO PRIMA»
Sant’Agata sul Santerno è stata una delle frazioni più colpite dall’alluvione del maggio ’23. Come avvenuto lo scorso 19 settembre per Traversara, nel  ume s’era creata una diga di detriti e tronchi che non ha lasciato scorrere l’acqua ed ha portato alla rottura dell’argine. «Lo scorso maggio, ad un anno dall’alluvione, abbiamo manifestato davanti al ponte della ferrovia accanto al quale si è rotto l’argine del Santerno- ha spiegato il presidente del Comitato, Massimo Tarozzi- un evento al quale hanno partecipato anche le istituzioni. Ma eravamo alla vigilia delle elezioni e le promesse si sono sprecate. L’amministratore delegato di R Gianpiero Strisciuglio, in Regione, si era assunto l’impegno, entro lo scorso mese di settembre di concludere l’iter di realizzazione del progetto de nitivo per la revisione dell’assetto ferroviario dell’attraversamento ed u ciosamente sappiamo che il ponte verrà abbattuto. Questa era la nostra speranza poiché, ad oggi, il ponte è ad un metro e mezzo sotto il livello dell’argine mentre dovrebbe essere alla stessa altezza, ma sopra. Ancora prima dell’alluvione, la linea ferroviaria era praticamente abbandonata: passavano pochissimi convogli e spesso i ragazzi che dovevano andare a scuola si vedevano sopprimere il treno. Ora, con le corriere, la loro situazione è migliorata ed è di cile pensare che le Ferrovie vogliano investire per il ripristino di una linea oramai “morta”. Ci auguriamo che i 25 milioni che sarebbero serviti alla ricostruzione del ponte vengano spesi nel nostro territorio, ancora profondamente ferito. Purtroppo i rimborsi tardano ad arrivare: per un evento eccezionale sarebbero servite leggi straordinarie in grado di risarcire in fretta i cittadini. Quello che è certo è che un paese non può vivere nella paura di ritrovarsi l’acqua in casa: eliminato il ponte ci sentiremo più sicuri, ma dall’altro lato del Santerno ci sono ancora tante fragilità. Nel bolognese, ad esempio, il mese scorso gli argini si sono rotti nelle giunte fatte nel 2023. Il 10 ottobre, andremo in Regione con altri comitati perché pensiamo che non sia stato fatto ciò che si doveva. Le istituzioni non possono pensare che sia su ciente diramare le allerte meteo per salvarsi la coscienza: a Sant’Agata ci sono molti anziani, come credono possano raggiungere i tetti delle loro abitazioni per non annegare?». E visto che il Santerno è ancora molto fragile, i cittadini hanno formato il gruppo “Gli amici di Sant’agata” per controllarne la portata dell’acqua e non solo. Una cinquantina di persone, a turno, passeggiano per l’argine e segnalano al gruppo eventuali pericoli. Sarà, poi quest’ultimo ad e ettuare una veri ca con un tecnico e, nel caso segnalarlo alle istituzioni con una pec.

SVEGLI (ALLUVIONATI CONSAPEVOLI): «SERVONO AZIONI LEGALI»
«Servono azioni legali, denunce. Bisogna muoversi e smettere di credere a chi si nasconde dietro i cambiamenti climatici per giusti-  care quello che sta accadendo. Le istituzioni hanno convinto una buona parte della popolazione che non pioveva così da 200 anni, mentre gli idrologi avevano già sottolineato che simili piogge c’erano già state 6 volte negli ultimi anni. E’ ora di mettere in chiaro le cose». Non la manda a dire Paolo Svegli, residente a Godo e presidente del Comitato “Alluvionati consapevoli” che, da quando s’è costituito, nel luglio 2023, si spende per la messa in sicurezza dei bacini del Lamone, del Senio e del Santerno. «Ci siamo costituti con 50 persone ed abbiamo tre obiettivi: riconoscere le responsabilità di quanto successo in Romagna, risarcire i cittadini colpiti e controllare le attività di messa in sicurezza del territorio. A fronte di quello che è successo il 19 settembre scorso, stiamo cercando di spingere sul terzo punto e ci siamo a dati ad un geologo ed un avvocato di fuori regione, esperto in contenziosi ambientali, per portare avanti un’azione legale. Non crediamo servano le manifestazioni di piazza, i politici hanno speso tante parole e il Governo ha stanziato fondi, ma nei fatti, lo abbiamo visto, s’è arrivato a poco. Da 20 anni aspettiamo le casse di laminazione, un lavoro fatto in minima parte, forse sperando che ci fosse tempo. Dei cambiamenti climatici si parla, ormai, da decenni e utilizzarli come “scusa” è davvero inaccettabile. Vedere come a monte dello sbarramento di tronchi, il Lamone ha esondato trascinandosi via Traversara è stato indescrivibile». Per molti il legname accumulatosi in acqua altro non è che una conseguenza di presunti che non è stato portato via. «Siamo stanchi di sentire chi dice che sono argini e della messa in sicurezza del territorio. spazio verde attorno che possono sfruttare per espandersi e supportano noi i  umi sono stati canalizzati qualche secolo fa». Oltre a portare avanti un’azione legale, il Comitato si è attivato anche per il ripristino dei custodi dei  umi. «Il nostro è un gruppo chiuso- ha concluso Svegli- ma supportiamo volentieri la creazione di altri comitati da San Lazzaro a Rimini per vedere come organizzare il lavoro tutti insieme».

MUSUMECI (NOI CI SIAMO): «ARGINI, LAVORO INDEGNO»
Anche il comitato “Noi ci siamo”, nato a  ne giugno 2023 e composto da 110 famiglie di Fornace Zarattini e delle frazioni lungo la Ravegnana che hanno subìto danni dall’alluvione di maggio ’23 sta continuando il proprio lavoro. «Lo scorso ottobre abbiamo incaricato il geologo libero professionista Riccardo Galassi gli avvocati Giuseppe Della Casa e Leone Spadoni, di redigere un ATP (Accertamento Tecnico Preventivo) presentato poi al Tribunale Superiore delle Acque di Firenze nel giugno di quest’anno- ha spiegato la presidente, Alessandra Musumeci-. In questi giorni abbiamo visionato gli atti costitutivi degli enti contro cui abbiamo fatto ricorso- Regione, Provincia e Comune di Ravenna e Consorzio di boni ca della Romagna-, memorie scritte prima della terza alluvione di tre settimane fa, dove, sostanzialmente, si ribadisce l’eccezionalità delle piogge e, dunque, l’impossibilità di prevederle . Pare che nessuno abbia approfondito la relazione del nostro geologo che, facendo riferimento a diverse criticità del territorio, spiegava come simili eventi, invece, si sarebbero certamente riproposti. Galassi ha anche sottolineato il mancato rispetto di norme precise che l’Autorità dei bacini romagnoli aveva già emanato 20 anni fa e con le quali si diceva che si doveva mettere mano a quelle criticità del nostro territorio, soprattutto degli argini, perché erano possibili eventi di ritorno. Il lavoro di ra orzamento degli argini, dopo l’alluvione di maggio ’23, è stato fatto da aziende non quali-  cate che hanno sistemato pietre e tagliato gli alberi lungo Ronco e Montone lasciando tutto il legname in terra. Legname che abbiamo visto “transitare” nei  umi tre settimane fa e creare un “tappo” che ha provocato la rottura del Lamone. Il nostro è un comitato indipendente e apartitico che, essendo stato colpito dall’alluvione, ha iniziato a studiare il territorio, a fare sopralluoghi, con tecnici, valutare quanto è successo prima di chiedere, un anno fa, la costituzione di una commissione d’inchiesta. Man mano che andavamo avanti con i riscontri era palese che la causa del cambiamento climatico non stava in piedi».
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