60 anni d'Europa, l'eurodeputato Zoffoli: "Serve una maggiore integrazione sociale, economica e politica"
Onorevole Zoffoli, in che stato di salute arriva l'Europa per i 60 anni dei primi Trattati? Appare divisa su quasi tutto e poco solidale. E' così o no?
«L’Europa è sicuramente in affanno, in ‘deficit di ossigeno’, ma il percorso di costruzione europea ha avuto ancora momenti di grande difficoltà, anzi, all’inizio l’Europa veniva da una storia di distruzione dopo due conflitti mondiali. Chi crede nel progetto europeo non ha scuse, è il momento di fare un deciso passo in avanti perchè l’immobilismo rischia di portare alla morte l’Europa. Con chi ci sta bisogna spingere per un’integrazione a partire dagli ideali dei padri fondatori che si traduca poi in risposte concrete: penso a una gestione comune della sfida dell’immigrazione, al tema di una difesa unica, anche per far fronte al metaforico ‘ponte’ che stanno costruendo Trump e Putin sopra di noi. E’ tempo, per chi crede nell’Europa di farsi avanti e di lavorare per un’Europa dei popoli e dei cittadini».
E' d'accordo sull'Ue a due velocità, ipotizzata dalla cancelliera Merkel, negli ultimi mesi? Perchè?
«Quello che conta davvero è la direzione. L’Europa deve rimettersi in marcia ed avere chiaro l’approdo, che non può che essere una maggiore integrazione sociale, politica ed economica. Dentro a questa direzione comune, senza chiudersi in un’Europa di serie A o di serie B, ma basandosi anche sulle possibilità date dai trattati, quei paesi, penso soprattutto a quelli fondatori, che vogliono accelerare su dei percorsi specifici di integrazione devono poterlo fare. L’unanimità rischia di paralizzare ed uccidere l’Europa».
Negli ultimi anni, e non solo, l'Ue non è stata tenera con l'Italia. Tutta colpa «nostra» oppure il rapporto va riequilibrato, come ha cercato di fare Renzi finché è stato al Governo?
«Sicuramente Renzi ha avuto il merito di aprire una discussione rispetto ad un’Europa dello zero virgola e della burocrazia, che rischia di allontanare i cittadini dall’ideale europeo. Grazie alle battaglie del governo Renzi è stata introdotta la flessibilità, una idea che si debba ripartire dalla crescita e che ciò che viene investito in cultura e sviluppo debba uscire dal patto di stabilità. Renzi ha poi avuto il merito di porre il Mediterraneo, la sfida dell’immigrazione, al centro del dibattito, come un fatto che non riguarda solo noi e la Grecia ma che va gestito a livello comune. Si è aperto un confronto che ha dato risultati non solo all’Italia ma all’intera Europa; ora bisogna completare questa azione e la dichiarazione di Roma, che verrà firmata nei prossimi giorni, va in questa direzione».
L'Ue è spesso percepita dai cittadini come «burocrazia e privilegi». Dal suo osservatorio che lettura può dare? Cosa deve cambiare?
«L’Unione Europea spesso è un’illustre ‘sconosciuta’; i cittadini non sanno come funzionino le istituzioni europee. Anche io sto cercando di coinvolgere le scuole, le istituzioni, le aziende e informare e far conoscere anche la dimensione dell’Europa dell’opportunità. Certo spesso appare l’Europa gendarme, controllore dei conti pubblici, che spesso ci opprime, ma non è sempre così. C’è una dimensione dell’Europa che dobbiamo mettere in luce, far conoscere, perché come dico spesso usando una metafora, stare fuori dall’Europa vuol dire costruirsi un piccolo tetto, ripararsi dalle intemperie, ma prima o poi si rimane asfissiati, senza aria. C’è bisogno di un’Europa più forte, diversa e vicina ai cittadini per competere nel mondo». (m.p.)