Una mostra dedicata alle chitarre della Fender

Ravenna | 15 Giugno 2018 Cultura
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Elena Nencini
Inaugura venerdì 15 giugno, ore 18.30, la mostra Fender vintage (fino al 24 giugno a Palazzo Rasponi dalle Teste) dove sarà possibile vedere centodieci chitarre con le loro custodie originali, amplificatori, cataloghi, manifesti, documenti e fotografie legati al leggendario marchio californiano. Si tratta di una delle più complete collezioni di Fender, che si trova tra Ravenna e Forlì, il Museo Fender di Flavio Camorani e Michela Taioli, raccolta in trentacinque anni di passione. La collezione del Museo Fender ripercorre il periodo d’oro del  brand, dal 1946 al 1974. A convincere Camorani ad esporre la sua collezione è stato un altro grande appassionato di questo marchio, il ravennate Mario Boccaccini.
Boccaccini, quando è nata questa passione?
«Ho cominciato a suonare la chitarra a 14 anni, quindi è una passione che risale a molti anni fa. Ne sono passati 25 da quando ho cominciato a collezionare. Ho vissuto l’epopea del rock da ragazzino curioso,  alla fine degli anni ‘60 ho visto le prime Fender. C’erano alcuni gruppi locali italiani che le usavano. Mi ricordo una Telecaster, poi una bellissima Mustang, che era la Cenerentola delle Fender però aveva una grande dolcezza. Poi le Stratocaster, le Jaguar, le Esquire».
Qual è la caratteristica della Fender?
«Come dice Eric Clapton, è molto versatile, ha un manico maneggevole, suoni molto vari e la possibilità di mutarli con un buon amplificatore. Lo riconoscerei fra 100 il suo suono. Porta alla memoria di ciascuno di noi l’epopea del rock. Oggi è molto rivalutata anche nelle grandi orchestre».
Un pezzo curioso della sua collezione?
«Una Music master, piccolina, molto particolare».
C’è una chitarra della collezione di Camorani che le piacerebbe avere?
«Eh, beh, si, lui lo sa bene: la 1952. Ho la 1958, ma quella è l’anno della mia nascita, mi fa effetto pensare che all’epoca dei giovani preparavano i corpi di questi strumenti, mentre le ragazze avvolgevano il rame per i pick up. Sono strumenti molto efficienti, tutti funzionanti, il suono è importante: ho rifiutato di comprare chitarre in buone condizioni, ma con un suono perfetto. Ogni chitarra suona in maniera differente, a causa dei legni impiegati, del colore, dell’assemblaggio, della parte elettrica. Tante componenti che creano un suono diverso».
Che emozione si può provare a vedere questa mostra?
«Chi le ha conosciute, e le ha viste suonare, proverà una grande emozione, vederle tutte insieme lì, anno per anno. Sembra di vedere l’albero genealogico del rock».
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