Silvia Bigi e Rudy Gatta girano un film sulla poesia «Intercity» di Raffaello Baldini
Federico Savini
«Aquè u n s sint gnént, s'a n stasì zétt, sté zétt! sè, t'é vòia, sté zétt, zò, par piesàir, zéinch minéut, se no u n s sint un azidént, ècco, andémm un pó mèi, però alazò, a déggh sa vuìlt, cs'èll ch'u v gòsta stè zétt? Porca putèna, a v li gì dòp al robi, adès sté zétt, acsè, zétt ènca mè». C’è poco da fare, il dialetto santarcangiolese è diverso dal nostro. Lo sa bene chi di Raffaello Baldini è andato a leggersi i libri, senza quindi accontentarsi di teatro e recital riadattati al ravennate, e lo sa bene Rudy Gatta, il cooperatTore ravennate, precisamente originario di Ammonite (non manca mai di ricordarlo), che Baldini l’ha conosciuto quando era adolescente e a Raffaello Baldini ha dedicato una parte cospicua del suo impegno in campo artistico e attoriale. Tra le altre cose, nel 2014 insieme alla fotografa e regista ravennate Silvia Bigi, Gatta realizzò un cortometraggio basato su E Divéri, dolente poesia metafisica dell’ultimo Baldini. Il film vinse parecchi premi, era intelligentemente sottotitolato in inglese (così la poesia di Baldini è diventata non solo nazionale, come ampiamente riconosciuto dalla critica, ma proprio internazionale) e faceva parte di un progetto complessivo a sostegno della Fondazione «Dopo di noi» di Torri di Mezzano, che fornisce aiuto alle persone disabili e alle loro famiglie.
Nei giorni questi scorsi, Gatta e Silvia Bigi sono tornati al lavoro, insieme ai videomaker Thomas Pilani e Andrea Fiumana, per portare avanti il progetto con un cortometraggio dedicato a Intercity, la poesia che titola l’ultima raccolta di Baldini, uscita nel 2003.
«A tutti gli effetti il nostro è un cantiere aperto su Baldini – spiega Gatta -. Dopo E Divéri ci siamo presi una pausa, ma in coincidenza col decennale della morte di Lello (nel 2015, nda) e la consapevolezza del buon lavoro già realizzato, insieme a Silvia abbiamo pensato di andare avanti. Intercity è una cronaca poetica, monologante, a tratti dilagante, di un viaggio in treno. Una metafora della vita, il modo che aveva Baldini di intendere l’incontro con gli altri, anche a proposito della “diversità”. Per il momento abbiamo girato le prime pose, poi faremo altre riprese, il montaggio e io inciderò la poesia in studio, come facemmo nel primo film».
Avete girato sul «Treno della libertà» di Mezzano. E Divéri lo faceste al teatro Socjale. C’è anche il desiderio di promuovere un territorio romagnolo pieno di storia ma decisamente poco turistico?
«Forse c’è, inconsapevolmente. Io vivo in questi luoghi e se porto in scena me stesso, beh, preferisco farlo in ambienti che mi sono cari. Ho seguito dagli albori la storia del treno nel parco di Mezzano, nato grazie all’impegno di Rocco Pellegrini, presidente dell’Anpi di Mezzano che una decina d’anni fa avviò il progetto. Lo pensò come spazio didattico per la storia della liberazione, come un treno del progresso e della memoria. Grazie a una catena di solidarietà che coinvolse le Ferrovie dello Stato e aziende del territorio, l’Anpi realizzò una bellissima opera di restauro conservativo di un locomotore del 1924. Ha attraversato il Novecento, è diventato museo e ora il set per un film. Siamo felici che l’Anpi locale, presieduto oggi dalla moglie moglie di Rocco che si ammalò alla fine dei lavori sul treno, abbia approvato la nostra idea».
Il tuo interesse per l’ultimo Baldini, quello meno conosciuto, è encomiabile. Da dove nasce?
«Si tratta forse dei lavori più elogiati dalla critica di un poeta che moderno lo è sempre stato, ma in scritti come E Divéri e Intercity fotografa alla perfezione i disagi dell’uomo dopo il 2000. Qui Baldini non cerca la risata, e sappiamo che il fatto di essere “anche” divertenti ha permesso alle sue poesia di diventare in qualche modo popolari in Romagna, grazie a divulgatori d’eccezione. L’ultimo Baldini è lontano da ogni caricatura, inquadra leggerezza e trasporto le contraddizioni della nostra epoca. Anche Silvia Bigi e Luca Maria Baldini, che cura la colonna sonora del film, sono rimasti sbalorditi dalla modernità di un poeta che aveva un’ottantina d’anni quando scrisse questi versi, drammaticamente contemporanei».
Come si concretizza il sostegno a «Dopo di noi»?
«E’ in atto un’operazione di fundrising con diverse imprese del territorio, a loro volta socie della fondazione. Il film verrà presentato in festival nazionali e internazionali dedicati ai corti. Stiamo organizzando un evento benefico legato al film e poi ci sarà il dvd, il cui ricavato andrà alla fondazione».
Ma, che tu sappia, Baldini aveva mai pensato di scrivere per il cinema?
«Non lo so, ma è una cosa che chiederò a sua figlia Silvia, che segue il progetto di Intercity. Rispetto al teatro, un film è tecnicamente replicabile e trasporre Baldini in un film penso possa aiutare la diffusione della sua opera nel presente e nel futuro. E Divéri era corredato da un cd e so che c’è gente che lo ascolta in auto. Un dvd è qualcosa che “rimane” nelle case di chi lo acquisterà e il video potrà circolare su youtube. Spero davvero che sia d’aiuto alla conoscenza di Baldini anche in futuro».