Ravenna, commercio in crisi, l'analisi di Roberto Lucchi (Confesercenti)
La chiusura dello storico negozio di calzature Montanari, in pieno centro a Ravenna, è solo l’ultima, in ordine di tempo, di una lunga fila di cessazioni di attività. Solo nell’ultimo trimestre del 2017 il saldo provinciale ha infatti visto la scomparsa di 42 attività commerciali, 34 delle quali nella sola Ravenna. E se da un lato la titolare dell’omonimo negozio, Marcella Montanari, tiene a sottolineare che la ragione della chiusura è causata principalmente da motivi di salute, al contempo ribadisce che il mercato è cambiato e che la concorrenza degli ipermercati è sempre più pressante. «Se è vero che tutte le strade portano a Roma, a Ravenna è il caso di dire che portano ad un centro commerciale», è stato il commento della titolare, che chiude il negozio dopo 40 anni di attività.
IN 9 ANNI IN PROVINCIA SCOMPARSE 5.187 ATTIVITA’
«L’andamento dei bilanci aziendali degli ultimi anni - spiega il direttore provinciale di Confesercenti Roberto Lucchi -, la loro minore redditività, come dimostra il registro imprese della Camera di Commercio, ben testimoniano la situazione di pesante difficoltà attraversata dal commercio, in particolare nella nostra provincia, e dovrebbero fare riflettere in primo luogo le istituzioni e i governi. Basti pensare che dalla fine del 2009 alla fine del 2017 hanno cessato in provincia di Ravenna 5.187 attività nel commercio e 1.916 nel turismo, a fronte di 3.403 attività che hanno aperto, anche se non dello stesso tipo e spessore di quelle che hanno chiuso. Sono state invece 1.145 quelle aperte nel settore del turismo, che ha avuto un diverso dinamismo in particolare nel settore dei pubblici esercizi, con livelli di apertura che per il 30% circa è stato di 3 anni. Complessivamente, un saldo quindi di meno 1.784 imprese nel commercio e meno 771 nel turismo».
AUMENTANO I COMMERCIANTI DI AUTO USATE
Un elemento curioso, che spicca tra gli altri, è l’aumento di attività legate alla vendita di auto usate. «Nel commercio - prosegue infatti Lucchi - si registrano oltre 200 nuove attività di vendita auto usate. Sono dati che non dovrebbero preoccupare solo noi o i diretti interessati. E’ avvenuto uno scossone senza precedenti nel nostro tessuto economico e nel nostro territorio che impoverisce lo stesso livello di qualità della vita. Di contro prolifera e cresce la grande distribuzione - anche con qualche inevitabile e previsto fallimento, l’outlet di Faenza su tutti - e da più parti sono previste altre grandi strutture, come se non bastassero quelle che ci sono. Non da ultimo, anche la vendita on-line prende quota in un momento economico che ha visto ridimensionarsi i consumi, con i relativi cambiamenti interni. Bisognerebbe rivedere le politiche di liberalizzazione, che sono fallite rispetto agli obiettivi che si avevano, attuando una vera riduzione del consumo del suolo e praticando una lunga moratoria su nuove strutture, insieme a politiche attive per i centri storici, per le stesse frazioni e per i paesi, sempre più sguarniti del servizio commerciale. Su questi temi serve uno scatto politico e una diversa consapevolezza della classe dirigente».
MERCATO CAMBIATO, SI
CERCA IL COSTO PIU’ BASSO
«Il mercato è molto cambiato - spiega Marcella Montanari, proprietaria dell’omonimo negozio di calzature in via Cavour - in quanto il cliente non cerca più la qualità, non punta più su un articolo che duri nel tempo, come accadeva una volta. Prende una cosa e poi la butta». Le richieste principali sono per calzature a basso costo, soprattutto tra i giovani. «Non c’è più la soddisfazione di un tempo nel fare questo lavoro e, anche se a malincuore, sono costretta a smettere».
«SIAMO IMPANTANATI IN UNA PALUDE»
A calare la saracinesca è anche «La Libraffa», negozio di giochi e libri per bambini che la titolare aveva rilevato nel 2015. Non volendo rilasciare interviste, la proprietaria affida il proprio pensiero alla pagina Facebook, in cui si legge: «Amazon, Esp, parcheggi, tasse ecc ecc, non vorrei essere ripetitiva, ma alla fine leggi e scopri che la salsa in cui i negozianti sono, chi più chi meno, è sempre la stessa, ma il problema secondo me è che siamo impantanati in una palude. L’unico mezzo pacifico che abbiamo per uscirne, e lo dico in totale umiltà, sono le votazioni». A chiudere sono anche attività legate alla ristorazione e al bar, come ad esempio è accaduto a novembre scorso alla gelateria Milk di via Cavour, che aveva inaugurato solo cinque anni prima. (Federica Ferruzzi)