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Francesco Campobasso è il referente del sindacato di polizia penitenziaria (Sappe) dell’Emilia-Romagna/Marche che, sostanzialmente, conferma quanto già sottolineato dal presidente regionale di Antigone, Elia De Caro, rispetto al problema di sotto organico che riguarda il carcere ravennate. La questione era infatti stata sollevata anche la scorsa estate, ma ad oggi non ha ancora avuto soluzione. «Mesi fa – conferma Campobasso – avevamo chiesto che a Ravenna potesse essere indetto un interpello a caratura regionale affinchè venissero inviati almeno 10 agenti in missione temporanea, ma è stato rifiutato». Migliore, seppur di poco, la situazione dal punto di vista del sovraffollamento, un problema che, come l’altro, accomuna gli istituti di pena in tutt’Italia. «Rispetto agli anni passati, e mi riferisco in particolare al 2010-11, la situazione è un pochino migliorata e permette di svolgere attività che in molte realtà erano rimaste solo sulla carta. Il problema principale, a livello romagnolo, continua invece ad essere quello della carenza di agenti penitenziari: a Ravenna, Forlì e Rimini la questione è delicata».
E tra questi, a detta di Campobasso, l’istituto maggiormente penalizzato risulta essere proprio quello della città bizantina: «Questo carcere annovera nell’organico personale avanti con gli anni e l’assegnazione di nuove leve da altre sedi trova un rallentamento ingiustificato. Più volte abbiamo sottolineato questa difficoltà, avvalorata da elementi oggettivi. Il contesto di Ravenna è vetusto, per fortuna la struttura è abbastanza piccola, ma necessiterebbe di un ringiovanimento sia strutturale sia dal punto di vista di nuove leve. Questo carcere è uno dei più penalizzati dal problema del sotto organico e inoltre servirebbero piccole strutture adiacenti all’istituto per accogliere nuovi agenti, manca una caserma adeguata. Da parte nostra - prosegue Campobasso - abbiamo sensibilizzato l’amministrazione penitenziaria e le forze politiche per migliorare la situazione, ma ad oggi non siamo stati ascoltati. Qui - sottolinea il referente - assistiamo al sovvertimento della normativa vigente, in base alla quale gli ultra cinquantenni non potrebbero ad esempio sostenere turni dalle 22 alle 6, così come non potrebbero entrare in diretto contatto con i detenuti. Il nostro plauso va quindi a chi si presta a farlo nonostante l’età, ma rivendichiamo un intervento imponente per risolvere problema». (fe.fe.)
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