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Insegnanti precari, le storie di Giusy e Claudia

Ravenna | 12 Gennaio 2018 Cronaca
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Tra le insegnanti coinvolte dalla decisione del Consiglio di Stato ci sono Giusy Caravella e Claudia Zammarchi della scuola primaria di Classe. Entrambe diplomate magistrali, l’8 gennaio hanno scioperato per ribadire la propria professionalità a discapito delle legislazioni che cambiano di continuo. Trentaquattro anni e due bambini piccoli, Giusy insegna da un decennio: «Ho fatto moltissime esperienze, tutte alla statale, compreso il sostegno. Quest’anno insegno storia, geografia e musica. Sono entrata nelle graduatorie a esaurimento l’anno scorso, con riserva. Se la decisione del Consiglio di Stato diventasse realtà e il mio diploma non fosse quindi più considerato abilitante, potrei stare solo nelle graduatorie di istituto, quelle di terza fascia nello specifico, ricominciando da capo con le supplenze brevi e vedendomi sorpassare da persone laureate ma senza alcuna esperienza nella scuola». Nessuna conseguenza negativa, però, sulla motivazione: «Continuerà a lavorare con passione e competenza, non sono certo i miei alunni a dover pagare. Ma sono arrabbiata e molto preoccupata». Simile la storia di Claudia, 53 anni, che quest’anno fa il sostegno a due alunni con disabilità: «Insegno da quando ne avevo quaranta, grazie al titolo magistrale che era considerato abilitante. Ma le regole cambiano di continuo, contraddicendosi. E le persone finiscono per pensare che molti docenti lavorano senza averne il diritto, andando così a screditare ancora di più l’immagine degli insegnanti». Claudia ha superato, pur non vincendolo, anche uno dei concorsi degli anni scorsi. Cosa che potrebbe favorirla: «Ma ormai non mi fido più del sistema. Questo precariato a vita fa evidentemente comodo a qualcuno. E nonostante gli attestati di stima e riconoscimenti avuti in questi tredici anni, mi sento di nuovo messa in discussione. Per gravi problemi di salute che ho avuto di recente mi attendono altri due interventi chirurgici. Ma vista la situazione, il rischio è di non poter nemmeno godere del periodo di malattia di cui avrei bisogno. Eppure, a noi si chiedono lo stesso impegno e le stesse competenze di chi è di ruolo». (s.manz.)
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