Ginecologi obiettori di coscienza, a Faenza quasi tutti, a Ravenna meno, a Lugo quasi nessuno

Ravenna | 25 Marzo 2018 Cronaca
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Barbara Gnisci e Silvia Manzani - Tra i ginecologi l’obiezione di coscienza cala a Lugo, cresce a Ravenna e resta stabile (e altissima) a Faenza. L’ultimo rapporto regionale sul tema parla infatti di una diminuzione dal 53,1% al 49,8% registratasi tra il 2015 e il 2016 da Rimini a Piacenza, con forti differenze territoriali se non in controtendenza. All’Umberto I, infatti, si passa dal 40 al 23,1% dei ginecologi-ostetrici che dicono no all’interruzione volontaria di gravidanza (anche gli anestesisti c’è un forte calo: dal 35,7% al 21,4%) mentre al Santa Maria delle Croci si sale dal 38,5% al 41% (gli anestesisti obiettori salgono addirittura dal 37,5% al 71,4%). Diversa la situazione all’ospedale degli Infermi, dove già da qualche anno otto ginecologi-ostetrici su nove sono obiettori (88,9%) e dove nell’ultimo anno solo tra gli anestesisti l’obiezione è leggermente scesa (dal 46,2% al 40%). ESPOSITO: «HO CAMBIATO IDEA» «Sono diventato obiettore dopo una vita in cui non lo sono stato». A raccontarlo è Enzo Esposito, referente dell’Unità operativa di ginecologia e ostetricia dell’ospedale di Faenza: «Ho preso questa decisione per motivi personali. Era il 2000, dopo 22 anni di interventi iniziati nel 1978». Anno in cui è entrata in vigore la legge 194 per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza: «Non ne eseguo più ma rilascio comunque il certificato che è necessario per richiedere l’interruzione. Questo è il mio modo per stare ancora vicino alle donne che vogliono abortire». Per motivi economici, perché si tratta di un figlio illegittimo, perché non è il momento o semplicemente perché non lo si vuole, abortire è sempre e comunque una scelta difficile: «A volte gli uomini lasciano le donne libere di scegliere, ma questo può gettarle ancora di più nello sconforto – riferisce il dottore -. Non è nostro compito indagare sui motivi, ma dobbiamo mettere le signore al corrente di ciò che si potrebbe fare dopo, come dare in adozione il bambino. In tutti questi anni, nella mia esperienza, nessuna donna ha comunque mai optato per questa scelta». GIAMBELLI: «OBIETTORE ATIPICO» Sono un obiettore atipico – spiega Francesco Giambelli, ginecologo, che esercita la professione nel reparto di Ostetricia e ginecologia del Santa Maria delle Croci di Ravenna – in quanto sono favorevole all’interruzione di gravidanza attraverso la procedura farmacologica». Il metodo consiste nell’assunzione di una pillola abortiva entro il 49esimo giorno di amenorrea, che porterebbe all’espulsione dell’embrione in maniera spontanea: «Un obiettore al 100% non vaglia nessuna delle due possibilità disponibili per le donne che stanno pensando di abortire, né la procedura chirurgica, né tanto meno quella farmacologica. Io prescrivo in effetti la pillola, se ci sono le condizioni e ciò che avviene in seguito è l’eliminazione di una struttura a livello cellulare». Diverso è invece per l’aborto di tipo chirurgico: «A dieci settimane l’embrione è un piccolo bambino già formato. Il mio non è un discorso religioso, ma una constatazione fatta puramente da un punto di vista biologico, in quanto non è mia competenza stabilire quando comincia la vita». CONTARINI: «VICINA ALLE DONNE» «Credo che quando ci si prende cura delle persone, occorra farlo accompagnandole in tutti i loro percorsi, anche se le porteranno a compiere scelte difficili e dolorose». Angela Contarini, ginecologa dell’ospedale Umberto I di Lugo, è non obiettore da più di vent’anni: «Quando ho iniziato la mia professione era diverso. Si usava l’interruzione di gravidanza quasi come una forma di contraccezione. Adesso, invece, c’è molta più consapevolezza. È necessario garantire alle donne un’accoglienza in un luogo protetto dove elaborare la decisione e, in caso tornare sui propri passi. Inoltre, porsi in una posizione ‘non giudicante’, per non farle sentire abbandonate a loro stesse». E anche da un punto di vista tecnico sono necessarie, per Contarini, alcune tutele: «Bisogna garantire tutta l’assistenza necessaria per ridurre al minimo le complicanze in modo da consentire, in futuro, un’eventuale gravidanza da portare a termine, quando le stesse donne decideranno di diventare madri»
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