Cuboliquido ha realizzato un murales ai chiostri per «Dante 2021»
Elena Nencini
Antonio Cammarano in arte Tony Cuboliquido (Milano, 1974) è un artista poliedrico, non gli piace definirsi un street artist, preferisce tornare alle sue origini da ‘madonnaro’. A Ravenna si è fermato per meno di una settimana per realizzare l’opera Malebolge per sempre, dedicata alla Divina Commedia nell’ambito della rassegna Dante 2021 ai chiostri francescani.
Dopo il liceo artistico e la scuole per fumetti, Cuboliquido trova la sua dimensione con i madonnari per passare poi all’arte 3d, con la quale sta raccogliendo molti consensi.
Come ha scelto il tema da realizzare?
«De Martino (curatore della rassegna, nda) mi ha dato carta bianca, totalmente. Ho apprezzato questa cosa e soprattutto l’ho pensata come un’occasione per dipingere in questo contesto meraviglioso, a pochi metri da Dante».
Il suo lavoro rappresenta un mondo distrutto, svuotato, perché?
«Parlare di Dante è un tema vastissimo, mi sono documentato guardando i lavori di tutti gli artisti che hanno interpretato, disegnato, la Divina Commedia, ho visto anche la mostra a Forlì a luglio. Ma non volevo riproporre qualcosa che sarebbe andato solo a scimmiottare altre cose. Era facile prendere uno dei vari momenti della commedia e raccontarlo. Allora ho pensato che se dovessi confessare un peccato, anche se non sono credente, sarebbe quello contro l’ambiente. Mi immagino di entrare nel confessionale e dire al prete: “oggi ho inquinato le terre, il mare, il cibo che mangiamo”. E’ l’unico senso di colpa che ho tuttora e con cui convivo. E’ un peccato che la Chiesa non contempla, ma se mi immagino che Dante torni nel mondo dei vivi, all’interno della Commedia avrebbe raccontato un aneddoto legato all’ambiente, nel girone degli ipocriti, per esempio, oppure legato all’ingordigia di consumare a più non posso, ma anche al tema del suicidio di questo mondo».
Nasce madonnaro come si definisce oggi?
«Non mi reputo un artista ma un performer perché quando andiamo sulle piazze devo fare in poco tempo qualcosa. Intrattengono le persone sia mentre dipingo che, alla fine, con l’effetto ottico. E’ un po’ come stare su un palcoscenico. Mi piace definire definire questo lavoro il Teatro dell’Arte».
Come lavora?
«In questo caso, ho lavorato direttamente sui pannelli, con una tela su cui ho passato il gesso: l’opera verrà poi smontata, non so ancora se troverà una casa, mi piacerebbe regalarla a una scuola o un ente pubblico, se no la riporterò nel mio studio.
Il mio è un lavoro effimero, nascendo ‘madonnaro’ ci sono abituato. Durante le mie estati da ragazzo ho cominciato a lavorare molto presto, studiando la sera, però poi quando andavo in vacanza, in giro per l’Italia, fare il ‘madonnaro’ mi riempiva di libertà».
Quali tecniche ha usato in questo murales?
«Ho fatto la bozza con un pennarello acrilico in modo tale da coprirla poi con le trasparenze. E’ un soggetto nato in modo molto free style, è venuto fuori man mano che dipingevo, anche confrontandomi con la luce dei chiostri. Ho pensato che se Dante tornasse sulla terra la vedrebbe così: un mondo inquinato, arido».
Come si è avvicinato alla tecnica 3D?
«Ho sempre disegnato da bambino, poi ho fatto il liceo artistico. Ho realizzato illustrazioni, soprattutto murali, trompe-l’oeil, ma li ho abbandonati quasi subito e mi sono dedicato all‘animazione, lavorando anche per la pubblicità. Alla fine ero nauseato e ho pensato che c’era sempre tempo per imparare e sono andato negli Stati Uniti a imparare a fare opere 3D. Adesso, dopo un anno e mezzo di fermo, mi sono arrivate tantissime richieste dall’Italia e da maggio lavoro ininterrottamente. Ogni tanto mi incrocio con quello che fanno gli street artist: come madonnaro forse siamo la genesi della street art, ma non sono attratto da questo genere. Sono grandi pareti riempite di un disegno che hai già preparato, lo piazzi lì e te ne vai. E’ come se chiedessi a un pittore di venire a casa mia e di farci quello che gli pare. Poi lui se ne va e io ci devo convivere per il resto dei miei giorni. Naturalmente ci sono colleghi che portano in giro bellezza e cose interessanti, altri ripropongono la stessa cosa come delle stampe. L’arte – partendo dalla musica - influenza le persone, quindi il tema, quando diventa permanente, ha un suo impatto sociale. Per questo sono contento di fare performance temporanee effimere».