Vena del Gesso, il Parco punta al Patrimonio Unesco
Un altro passo avanti verso il riconoscimento Unesco delle aree carsiche gessose dell’Emilia Romagna, che vanno dal reggiano al faentino racchiudendo anche la Vena del Gesso romagnola: la Commissione nazionale italiana Unesco ha deciso di inserire il sito «Grotte e carsismo evaporitico dell’Emilia-Romagna» nella lista dei siti (fra quelli proposti dai vari Stati) ritenuti «di eccezionale valore universale, adatti al successivo inserimento nel Patrimonio mondiale Unesco».
Come noto, il sito «Grotte e aree carsiche» rappresenta nel suo genere un valore assoluto: ormai quasi totalmente protette da parchi, riserve o altri strumenti locali di tutela, le cavità naturali gessose dell’Emilia Romagna sono fra le più studiate al mondo (nel caso di quelle bolognesi fin dai pionieristici lavori seicenteschi di Ulisse Aldrovandi) e possiedono un riconosciuto interesse scientifico, paesaggistico, naturalistico e culturale.
La candidatura sta quindi seguendo il suo iter (che, come richiesto dall’Unesco, è assai lungo e complesso dovendo coinvolgere molte realtà locali e dovendo dimostrare le sue basi solide sul territorio) e si avvale del coordinamento di tre Università (Bologna, Modena e Reggio), degli enti di gestione dei parchi territorialmente interessati, della Soprintendenza archeologica e di associazioni pertinenti. Il soggetto proponente è la Regione, che a sua volta ha condiviso un’idea della Federazione speleologica dell’Emilia Romagna.
Soddisfattissimo è il direttore del Parco Vena del Gesso romagnola, Massimiliano Costa: «Anche se si parla comunque di anni - spiega - il percorso per la nostra candidatura Unesco si sta delineando in senso sempre più positivo. Giustamente l’Unesco non vuol fare cattedrali nel deserto, cioè non vuole dare riconoscimenti a vuoto e per evitare ciò vuole accertarsi che ci sia un piano di gestione del sito territorialmente condiviso e ben avviato. Nel nostro caso il coinvolgimento di ben tre parchi, che si parlano fra loro e adottano obbiettivi comuni, unitamente a tre università, una soprintendenza e associazioni competenti, è una garanzia per il buon esito del riconoscimento». (Sandro Bassi)