IL CASTORO | Scuola e lavoro: un'idea innovativa che fatica a decollare

Faenza | 31 Maggio 2017 Blog Settesere
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«Alternanza scuola-lavoro: un'esperienza formativa innovativa». Così il Ministero dell'Istruzione presenta sul suo sito web questa offerta didattica. Invero, con la riforma de La Buona Scuola del 2015, l'alternanza perde un po' la sua denominazione di offerta, considerata l'introduzione dell'obbligatorietà per il triennio, con 400 ore per gli istituti tecnici e professionali e 200 per i licei. Di questa nuova didattica se ne sente parlare tra le mura scolastiche particolarmente da quell'anno, sia in termini positivi che negativi. È innegabile che la possibilità per uno studente di entrare a contatto con una realtà lavorativa sia molto preziosa. Lo studente, abituato a vedere il mondo da dietro un banco, può avvicinarsi al lavoro e viverlo in concreto. Proprio per il fatto che è una novità, l'alternanza ha colto impreparati tutti: studenti, professori e datori di lavoro. Prima dell'obbligatorietà gli studenti coinvolti erano circa 273 mila, dopo più di 650 mila: un aumento notevole, un flusso di studenti da distribuire in diverse attività lavorative. Il dato numerico è sicuramente uno dei più grandi problemi dell'alternanza: è difficile trovare strutture ospitanti e affiancare a ogni ragazzo un tutor che si assicuri della qualità della sua formazione. Nella maggior parte dei casi l'alternanza viene svolta in imprese con un numero esiguo di dipendenti, mentre le grandi aziende si sono rese finora meno disponibili. Spesso gli enti che ospitano non sanno neanche quali compiti affidare al proprio tirocinante. Ci sono testimonianze di alternanza che di percorso formativo hanno ben poco. Studenti incaricati di pulire i bagni dell'azienda o addirittura la casa del proprio datore di lavoro A denunciare questi casi è la Rete degli studenti medi, un'associazione studentesca che opera, a livello nazionale, come una sorta di sindacato. «Mettere insieme gli studenti in una dimensione nella quale si condividano i bisogni per poterli risolvere». Questo è l'obiettivo della Rete, come afferma il suo coordinatore Gianmarco Manfreda. Tra questi bisogni rientra anche una corretta logistica dell'alternanza scuola-lavoro. La Rete degli Studenti Medi raccoglie i reclami e si occupa di informare gli studenti se l'attività alla quale sono stati indirizzati non rientra tra quelle previste dalla normativa. Manfreda espone il problema di base: «Riscontriamo spesso un'alternanza che non segue la definizione data dallo stesso Ministero: un percorso didattico alternativo. Al momento questo percorso è disgiunto da quello scolastico curriculare». In svariati casi viene svolto in orario extrascolastico, in periodi di vacanza, in estate, o nei giorni festivi. Ci sono esperienze totalmente estranee all’indirizzo di studi scelto dagli studenti, che non permettono loro di acquisire le conoscenze che cercano. Ad esempio un laboratorio didattico non può considerarsi alternanza scuola-lavoro, infatti, per quanto possa essere istruttivo, non prevede necessariamente un percorso formativo. Troppe volte questi laboratori vengono classificati come alternanza solamente per scalare un po' di ore.

Rete degli Studenti Medi promuove, assieme ad altre sigle sindacali, percorsi di alternanza che spingono alla consapevolezza e all'impegno, come quello del campo antimafia di Corleone, gestito da una cooperativa sociale, che affianca dei tutor agli studenti partecipanti, per seguirli in attività agricole e in studi sull'impegno sociale nell'antimafia; altri tirocinanti possono essere impiegati dalla Rete studentesca in laboratori grafici per l'aggiornamento della «Guida all'alternanza giusta». Inoltre il gruppo ha presentato all'ultimo forum delle associazioni studentesche, già in ritardo di due anni, la «Carta dei diritti e dei doveri dello studente in alternanza». Per chi voglia poi segnalare un'esperienza di alternananza ritenuta impropria la Rete degli studenti medi mette a disposizione un numero verde e un questionario reperibili sul suo sito www.alternanzagiusta.it. «Lo scopo di tale esperienza - ricorda Gianmarco Manfreda - è dare una formazione di base su cosa sia il mondo del lavoro, rendere consapevoli dei diritti dei lavoratori e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Scopo non è il fare ma l'imparare a saper fare».
Niko Casalini

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