Bagnacavallo, Amanda Sandrelli in scena al Goldoni con una prima nazionale: «Lucrezia sono un po’ anche io»

Bassa Romagna | 26 Febbraio 2022 Cultura
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Elena Nencini
Telefonate, WhatsApp e tre personaggi virtuali sono al centro del nuovo spettacolo di Amanda Sandrelli, Lucrezia forever, in scena, in prima nazionale al Teatro Goldoni di Bagnacavallo, sabato 26 e domenica 27 febbraio alle ore 21, (1 marzo al Teatro Masini di Faenza;  l’8 e 9 marzo al Teatro Walter Chiari di Cervia). Lo spettacolo, scritto e diretto da Francesco Niccolini, è liberamente ispirato al personaggio omonimo creato da Silvia Ziche in un crescendo di gag e di situazioni buffe, comiche, poetiche. La Sandrelli si trova così a dialogare con tre amanti, vecchi e nuovi, e la nonna – tutti ‘a fumetti’ – per parlare di tic e vizi al femminile, con ironia e tenerezza. La pièce è co-prodotta da Arca Azzurra e Accademia Perduta/Romagna Teatri.
Sandrelli, quanto c’è di lei nel personaggio di Lucrezia?
«C’è un po’ di tutte le donne, partendo dalla striscia a fumetti di Silvia Ziche. E’ tutto un po’ esasperato, surreale, recito insieme a dei disegni animati con un codice esagerato. È una donna preda di tutte le angosce e le dipendenze che tutti noi conosciamo, viste in chiave ironica, alle volte esagerata o un po’ cattiva. Nella tournée precedente ero in scena con Lisistrata, un personaggio che prendeva di mira gli uomini che non facevano una gran figura. Con Lucrezia sono le donne ad essere messe sotto torchio, ma in maniera ironica, buffa. E’ un modo giusto per guardare i propri difetti e riderci sopra. Oggi abbiamo un rapporto malato con la tecnologia e nell’ossessione del personaggio di tartassare di messaggi un uomo che non le risponde rivedo tantissime persone, me per prima. 
Lucrezia è un po’ nevrotica, insicura, romantica, non si rassegna a pensare che non esista il principe azzurro, ma che – come dice la nonna, rappresentata da un disegno -”gli uomini sono tutti imbecilli”. Mi piace e mi riconosco tantissimo in lei: specie nel fatto di non essere più una ragazzina, di guardare con occhi diversi il mondo, ma, come Silvia non mi rassegno a credere che gli amori non durano tutta la vita. Lucrezia si auto-esalta, passa da sentirsi un genio incompreso a pensare di essere una fallita totale. Tutte queste esasperazioni di umori permettono di essere ironici, sognatori, mentre la parte della cinica la fa proprio il ritratto della nonna con cui lei parla e a cui io ho prestato la mia voce».
Cosa apprezza di Silvia Ziche e come l’ha conosciuta?
«Ci siamo conosciute ‘attraverso’ Lucrezia, lei mi ha detto ‘spero che non sia troppo insopportabile’. Quando è venuta a vedere le prove ero molto emozionata, una vera ansia da prestazione. Silvia però era molto contenta. Lo spettacolo è un esperimento: io sono l’unico personaggio in carne e ossa, questo mi ha imposto un codice diverso. Devo essere molto aderente, devo credere in Lucrezia anche quando dice cose che sembrano non abbiano senso o se si contraddice».
E’ in scena con tre attori virtuali si è sentita un po’ come Bob Hoskins in «Chi ha incastrato Roger Rabbit»?
«In realtà no, perché io ci parlo davvero con i personaggi, penso che siano veri: loro recitavano senza nulla davanti, io ho dei compagni in scena. L’unico problema sono le tracce uniche di audio e video dentro cui mi infilo, non posso permettermi di sbagliare. Sono io che devo prendere i tempi, ma mi aiuta l’orecchio. Da una parte non posso sbagliare ma sono anche io che comando. È come lavorare con una musica. E’ molto bello». 
Che rapporto ha con la tecnologia?
«Credo, come tutti, di avere un rapporto forte con il telefono: sono ansiosa perchè ho paura di perderlo, ma del resto è normale ho due figli, anche se grandi, ed ho bisogno di essere in contatto con loro, specie lavorando spesso in tournée. Credo di essere in una fascia bassa di dipendenza da telefono. Alle volte l’ho dimenticato a casa, ma non ho provato panico. Cerco di limitarmi, mentre mi accorgo che mio figlio di 18 anni ci fa tutto: ci studia, ci parla, guarda i video. Penso per principio che non esistano cose buone o cattive: l’importante è l’uso che se ne fa. Il problema è usare e non essere usati, da qualunque cosa. Bisogna cercare di essere attivi non solo passivi. I ragazzi non hanno idea di quanto la cultura sia conquista e libertà. 
Mi fa più impressione vedere una persona della mia età attaccata al telefono mentre parla con me. In una persona adulta è disarmante, quando capita mi alzo e me ne vado. Trovo la dipendenza degli adulti più grave: odio le persone che stanno a tavola e guardano Istagram mentre parlano con te. La trovo una forma di maleducazione terribile».

Amanda Sandrelli incontrerà il pubblico domenica 27, ore 18 presso il Ridotto del Teatro Goldoni. 
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