Degusti: «La nostra Pasqua in cucina tra tradizione e innovazione»

Faenza | 05 Aprile 2015 Cronaca
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La Pasqua in tavola sinonimo di rinascita e freschezza. Come lo è quello de Natale anche il pranzo in questo giorno di festa, in Romagna, porta in dote un evidente richiamo simbolico. Uno sguardo alla tradizione che però non disdegna un tocco fantasioso ed innovativo. «Stanno cambiando i gusti e i modi di mangiare anche nella ricorrenza. Pur mantenendo ingredienti e prodotti che si inseriscono in dialogo diretto con il passato - spiega lo chef Igor Morini del ristorante San Biagio Vecchio e storico membro dell’associazione Degusti - c’è voglia di sperimentare accostamenti, consistenze e mix di sapori nuovi e particolari. Tra i cambiamenti più importanti c’è quello del superamento del menù precostituito».
Un risveglio di gusti e sapori che legano l’approccio del sacro con quello del mondo popolare e profano. Parole chiave che accompagnano i piatti sono così quelli della territorialità, famigliarità e sacralità. «Non c’è più l’esigenza da parte del cliente dell’abbuffata. Per questo da alcuni anni - spiega Morini - notiamo come alla costoletta di agnello si preferisce sempre carne di agnello, ma rivisitata con salse ed accompagnamenti particolari».
La tavola di questo particolare momento celebrativo è comunque un richiamo permanente al simbolismo. Ingredienti di stagione e del territorio ne sono padroni indiscussi. Tra i più evocativi ci sono il cappelletto in brodo, a volte sostituito con i passatelli o con le tagliatelle, l’agnello, il castrato, la colomba e l’uovo. Quest’ultimo sia nella sua declinazione tradizionale sia nelle sue forme più moderne derivate dalla pasticceria (uovo di cioccolato). «La tradizione è preponderante. Tagliatelle e castrato con le uova strapazzate - afferma Luigi Zaccarini, presidente di Degusti - sono piatti imprescindibili nell’offerta pasquale del territorio. Lo chiedono i clienti così come chiedono sempre più spesso le tagliatelle con ragù di castrato e rosmarino».
Anche il vino non manca di fare bella presenza di sé. «Stiamo notando - sottolinea Zaccarini - come il cliente sia sempre più attento all’abbinamento cibo e vino. Un gioco che stimola e che permette di spaziare da alfieri indiscussi della tradizione romagnola (Sangiovese e Albana) a tagli più morbidi e sensali come quello bordolese». Sempre sulla centralità del vino anche lo chef Morini conferma come «da esperienza diretta, a Pasqua, il vino non può mancare. Pur avendo un 10% di etichette extra regione (sulle 700 presenti) con grande piacere noto come l’interesse enologico  dei commensali guarda molto alla Romagna. In ogni sua forma e declinazione».

Riccardo Isola
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