Un’alleanza con ristoratori e locali del territorio. E’ la rotta già parzialmente tracciata e da seguire per diffondere ancora di più in provincia la cultura del «buon cibo», secondo Mauro Zanarini, ravennate, consigliere nazionale Slow food ed esperto di prodotti locali. Da questo punto di vista, si è partiti già 10 anni fa con GiovinBacco (che oggi accoglie in media 7mila visitatori -ndr), si prosegue con la presenza di prodotti locali e di qualità nei nuovi locali «promessa» del centro (il Mariani LifStyle e, in futuro, pare anche il Mercato Coperto) e per il futuro si sta ragionando sulla creazione in città e nei lidi di «quartieri del gusto», con locali che proporranno menù di slow food e che scelgono di seguirne le direttine. Una realtà già molto sensibile su questi temi, la nostra, ma secondo Zanarini c’è ancora strada da fare.
Zanarini, Ravenna è sensibile ai temi e alle iniziative che porta avanti Slow food?
«Direi proprio di sì: siamo una delle realtà più importanti d’Italia per numero di iscritti. In totale, siamo 500; Bologna che ha molti più abitanti ne ha solo 350».
Quali sono le ragioni di questo successo?
«Molti si iscrivono per partecipare ai nostri master: ne abbiamo 23 ma quello sul vino, sulla birra e sui formaggi e salumi sono i più gettonati. Il turn over è piuttosto alto, sul 30%. Ma abbiamo anche uno zoccolo duro che ci segue in molte iniziative. In tanti, poi, hanno imparato a conoscerci con Giovinbacco, il Terra Madre Day e lo Slow Food day. L’età media è sui 50 anni, ma abbiamo anche alcuni giovani».
Ravenna è un posto nel quale si può mangiare cibo locale e di qualità?
«Sia come consigliere di Slow Food che come imprenditore, ho tentato di lanciare un’alleanza con i ristoratori locali. E devo dire che col tempo l’attenzione è cresciuta. Abbiamo iniziato 11 anni fa con Giovinbacco, quando nella ristorazione ravennate non c’era quasi traccia del Sangiovese nei menù; ora quasi tutti i locali in città ne hanno 6 o 7 etichette. Come imprenditore, ho contribuito a portare prodotti di qualità al Mariani, e ci stiamo ragionando anche con Molino Spadoni per il Mercato Coperto. Mentre è in via di definizione un progetto con Comune e Provincia per creare i cosiddetti “quartieri del gusto”».
Di che si tratta?
«Sono zone, in città o anche sui lidi, dove alcuni locali hanno scelto di seguire le nostre direttive, proponendo magari un menù slow food accanto ad altri. Penso al ragù di sgombro per i lidi, o alla saraghina. Abbiamo iniziato proponendo un corso ad una decina di imprenditori».
Ci sono, invece, prodotti locali da riscoprire, che abbiano un’appeal commerciale internazionale? Abbiamo un «parmigiano reggiano» ancora da scoprire?
«Purtroppo, i nostri prodotti locali, seppur notevoli, non possono reggere una commercializzazione internazionale, per via delle loro caratteristiche. I formaggi freschi, come il raviggiolo o lo scquacquarone devono esser consumati nell’arco di pochi giorni, la piadina è buona solo cotta e mangiata; la mora romagnola ha allevamenti troppo limitati mentre cozze e asparagina di pineta non sono adatte. Questo non significa che non sono commercializzabili».
Infine, a cosa sta lavorando Slow Food?
«Mi piacerebbe allestire un «mercato della terra» stabile, con prodotti del territorio disponibili sempre o quasi per turisti e ravennati, ma non abbiamo ancora individuato il posto, e ci vorrebbero degli sponsor».
Daniela Verlicchi
Nella foto da destra: Mauro Zanarini e Carlo Petrini