VOLLEY | Cmc Ravenna, anche coach Babini spinge per la fusione

Ravenna | 07 Marzo 2013 Cronaca
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Antonio Babini aveva salutato la compagnia l’autunno scorso, dopo quattro partite ed altrettante sconfitte, in una situazione di spogliatoio «effervescente» e con un cielo all’orizzonte privo di spiragli per una riscossa. «Ho lasciato - racconta Babini, tornato nella sua Cesenatico dopo l’ennesimo lungo soggiorno in Estremo Oriente - quando ho visto che la squadra non mi dava più le garanzie di lottare unita, anche nelle difficoltà, fino all’ultima palla, come tutto sommato era avvenuto l’anno precedente. Il gruppo non era compatto, i giocatori si accusavano reciprocamente…». Ha seguito le vicende della squadra? «Sì, mi sono tenuto in contatto con alcuni dirigenti e giocatori e mi sono informato sui risultati, constatando che, purtroppo, sono stati in linea con le potenzialità della squadra. Non sono andato alle partite per una questione di buongusto e di rispetto».

Cosa non ha funzionato, quest’anno? «lo dico senza rancori e credo che nessuno si debba offendere: la struttura nel suo complesso si è rivelata buona per la A2, ma insufficiente per la A1. Il mercato era stato tutto incentrato su un fuoriclasse come Rooney, che garantiva un’ottima fase cambio-palla e 25 punti a partita. Senza di lui (Rooney è stato tagliato in pre-campionato per problemi fisici alla spalla, ndr) questa squadra diventa debole in attacco, oltre ad essere - come dimostrano le statistiche - già debole a muro, al servizio, in ricezione… Insomma, per vincere un set bisogna fare 25 punti e non riuscivo proprio a capire da dove si potessero tirar fuori». Gli altri acquisti? «Creus era compreso nell’affare Rooney. Non lo volevo, mi avevano parlato male dei suoi comportamenti. Infatti ha creato problemi con il suo scarso impegno, senza essere decisivo in campo come lo era stato negli anni passati, anche contro di noi. Volevo metterlo fuori squadra e la società me lo ha impedito. Non mi sono sentito più nel controllo tecnico della situazione e anche questa è stata una chiave delle mie dimissioni». Nessuna sorpresa positiva? «Zhukouski è invece un acquisto che ho avallato, perché ha le potenzialità per valere la categoria, anche senza diventare un campione. Ma quest’anno non c’erano le condizioni migliori per una sua affermazione». Pubblico e stampa hanno parlato di una squadra senza grinta. «La grinta viene insieme ai risultati e alla fiducia. Se ci fossero stati i valori tecnici necessari per vincere le partite sarebbe tornata anche la grinta». Come vede il futuro della RoburCosta? «Il momento è difficilissimo per tutta l’economia del Paese e, naturalmente, anche per la pallavolo. Mi risulta sia praticamente fatto l’accordo con il PortoDonati, con Bonitta per la guida tecnica e con Cormio per la direzione sportiva. Sono scelte che risolveranno alcuni problemi, ma non tutti, perché, ad esempio, rimarrà quello della mancanza dell’impianto. Giocare dove non ci si allena è uno svantaggio enorme. E poi la squadra andrà rifatta in toto: il ciclo che ci ha portato in A1 mi sembra finito, dovranno essere comprati molti giocatori». E il futuro di Antonio Babini? «Sono nella pallavolo da 35 anni, ma prendo in considerazione di dovermi occupare d’altro, perché le prospettive di sviluppo dello sport, in Italia, sono inesistenti. Sto progettando di trasferirmi all’estero. Voglio che mia figlia Virginia frequenti un asilo in lingua inglese, perché la perfetta conoscenza di una lingua, nel mondo d’oggi, dà vantaggi superiori ad una laurea». Ha saputo dell’organizzazione dei Mondiali di beach tennis a Cervia? «Sì, seguo con interesse questo sport, che ho anche praticato negli anni scorsi. Ha grandi potenzialità; con alcuni accorgimenti può diventare appetibile in televisione e quindi ancora più popolare».
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