8 MARZO | Quasi 8mila imprese rosa in provincia

Ravenna | 08 Marzo 2013 Cronaca
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Sono 8.743 le imprese femminili della provincia di cui 7.898 quelle attive. Stando ai dati della Camera di Commercio di Ravenna, 7.776 di queste sono ad esclusiva presenza femminile, mentre le altre vedono le donne occupare in maniera maggioritaria o comunque forte la composizione aziendale. Il settore che le donne coprono più di frequente è quello del commercio, seguito dall'agricoltura e in terza istanza dai servizi di alloggio e ristorazione. Se si considerano tutte le tipologie di attività, le donne hanno in mano il 20,8% dell'imprenditoria locale. Un dato, quello del 2011, quasi invariato rispetto a quello del 2008, quando le imprese di donne registrate negli uffici di viale Farini erano 8.711, per 7.895 attive. La variazione è lieve ma si può dire che le aziende femminili stanno tenendo.



In provincia le imprese femminili (quelle in cui almeno due terzi del capitale sociale è detenuto da donne) risultano più performanti di quelle non femminili. E' il risultato dello Studio «Fattore D», una ricerca curata dallo Studio Giaccardi e Associati di Ravenna. «Abbiamo studiato i bilanci di sei annualità di un campione di 60 imprese femminili - spiega Lidia Marongiu, curatrice della ricerca -  e li abbiamo confrontati con quelli di altrettante aziende non femminili, con l'obiettivo di capire se anche nel nostro territorio l'economia praticata dalle donne ottiene risultati migliori. Abbiamo scoperto che, a parità di settori e di dimensioni, le imprese femminili risultano più performanti per quanto riguarda undici indicatori economici su tredici».
E dall'analisi emerge che per le donne c'è uno scenario molto favorevole: «Non solo cresce infatti nel tempo il numero delle imprese femminili mentre cala quello delle imprese totali, ma le imprese guidate da donne sono molto attente ai rischi e guadagnano di più:  questo significa che le donne, quando vengono messe alla guida, dimostrano di essere all'altezza».
Come evidenziato da Marongiu in più occasioni, esiste un'ampia letteratura che dimostra l'importanza delle donne in azienda. «La teoria Womenomics sostiene che le imprese dirette da donne resistono maggiormente alla crisi. Noi però non siamo andate ad analizzare i ruoli dirigenziali ma la dimensione del fenomeno delle imprese organizzate da donne.  Al momento stiamo lavorando per estendere la ricerca a livello di sistema Paese e non mi stupirebbe trovare gli stessi risultati».
Tra il 2005 ed il 2010 le imprese femminili in provincia di Ravenna sono aumentate del 3,7%, mentre quelle non femminili hanno registrato un saldo negativo: nonostante questo il tasso di femminilizzazione delle aziende della provincia di Ravenna è indietro rispetto alle altre province dell'Emilia Romagna. «Noi ci attestiamo sul 20,8% e il dato non è troppo negativo, ma è comunque sotto di alcuni punti rispetto a Piacenza, Rimini e Ferrara, ed è sopra solo a Parma e Reggio-Emilia».
Le imprese al femminile aumentano di numero, ma sono ancora troppo poche le società di capitale e appaiono perlopiù di piccole dimensioni e poco strutturate. I settori in cui l'altra metà del cielo è più attiva? «I dati 2010, che non si discostano molto da quelli attuali, indicavano il commercio, l'agricoltura e la pesca, l'alloggio e la ristorazione  ed i servizi alla persona. Da segnalare l'aumento dei settori delle costruzioni, dei trasporti e del magazzinaggio, dove si registra un bel trend di crescita». Dagli studi dentistici alle parafarmacie, quindi, aumenta la presenza di imprese femminili. «Qui il tasso supera il 30%, così come avviene per le agenzie di viaggio».
Ed è proprio la crisi degli ultimi anni una delle spinte principali al cambiamento. «Dalla ricerca è emersa una maggiore precarizzazione del lavoro femminile, aspetto che ha portato molte donne, soprattutto nella fascia d'età over 40, a reinventarsi come imprenditrici di loro stesse. Tra il 2008 ed il 2010, nel campione di 120 imprese intervistate,  i contratti atipici per le donne sono aumentati del 145% mentre per gli uomini solo del 40%».
Su un dato, però, sia gli uomini che le donne hanno dimostrato, purtroppo, di procedere in modo unitario. «Per entrambi c'è poca consapevolezza dei  provvedimenti necessari per favorire la conciliazione lavoro-famiglia e, da parte delle donne che fanno impresa,  a volte c'è poco  interesse rispetto all'argomento. Il pensiero maschile, anche tra le donne, è ancora un modello di pensiero imperante. A volte, rispetto a questi temi, ho trovato maggiore disponibilità da parte degli uomini. Un esempio è la riflessione sulle quote di genere: sia il 26% delle imprese femminili che il 29% di quelle non femminili non sono d'accordo con il loro inserimento».

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