Provincia, fine mandato per il presidente Casadio

Ravenna | 06 Giugno 2016 Politica
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Sono passati cinque anni dall’elezione di Claudio Casadio alla guida della Provincia di Ravenna. Ma i vertici dell’ente di piazza Caduti in sono in fase di smobilitazione: l’ex sindaco di Faenza e la sua giunta manterranno l’incarico ad interim, fino a quando non verrà definito il nuovo assetto. Si tratta dell’ultimo caso in tutta la regione. Poi la Provincia, ammesso che si chiami ancora così, diventerà un organo di «secondo livello» guidato dai 18 sindaci del ravennate. Questione di mesi. La giunta Casadio, tuttavia, lascia un’importante eredità. Nonostante la scarsità di risorse, gli uffici tecnici continueranno a lavorare su progetti importanti: dallo svincolo autostradale di Bagnacavallo, interamente finanziato dalla Provincia con 5,8 milioni di euro, al progetto di ampliamento dell’istituto alberghiero di Riolo Terme reso possibile dai finanziamenti Posr Fesr, fino agli interventi sui ponti lungo le strade provinciali (a pag. 11 il servizio su quello di via Felisio a Solarolo).     

Presidente Casadio, che bilancio stila alla fine di questa esperienza?

«Un bilancio straordinariamente positivo. Riuscire a investire sulle scuole (il riferimento è proprio all’alberghiero di Riolo, nda) è la cosa più bella e significativa che possa fare un amministratore pubblico. E’ stato un percorso piuttosto difficile: non perché la Provincia non funzionasse ma perché, visto il procedimento di riforma che ha investito gli enti locali, abbiamo faticato a mettere in campo quella serie di investimenti indispensabili per il territorio. Però, mettendoci un po’ di lavoro certosino e molta fiducia siamo riusciti, alla fine del nostro mandato, a far partire una serie di lavori, nelle scuole e sulle strade di grande rilevanza. Condivido questa soddisfazione con i miei collaboratori. Risultati che, solo un paio di anni fa, in pochi si aspettavano potessimo raggiungere».

Il rammarico più grande?

«Appena eletti è iniziato il percorso di trasformazione delle province e quelle idee che avevamo maturato proprio la riorganizzazione dell’ente, per renderlo più efficace e funzionale, si è fermato. Quando si amministra si sistema il quotidiano, ma bisogna progettare il futuro. Ma non avrebbe avuto senso metter mano ad una organizzazione proprio mentre era in fase di smontaggio.  Questo, assieme a una certa iniziativa di pianificazione, si è dovuto arrestare».

Cosa cambierà per i cittadini?

«Credo non molto. Innanzitutto, occorre aspettare l’esito del referendum. Io penso che le riforme, in questo Paese, vadano fatte. Si possono fare meglio, si possono fare peggio. Ma dopo tanti anni di immobilismo, ne abbiamo bisogno. Ad amministrare la Provincia, che non so come continuerà a chiamarsi, credo ci saranno i sindaci del territorio: il processo democratico, quindi, è sicuramente garantito. Mi auguro che sappiano tra loro trovare quella capacità di sintesi che un ente terzo riusciva a garantire per istituto. Ora, gli stessi attori in campo dovranno curare la regia: può venirne fuori un film straordinario, ma a volte può non funzionare. Però conosco i sindaci di questa provincia e sono sicuro che sapranno portare avanti un ottimo lavoro». (s.sta.)    

 

 

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