Offshore, gli imprenditori: «Dal referendum sfiducia al settore, ma le rinnovabili passano dal gas»

Ravenna | 10 Maggio 2016 Economia
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Il prezzo del petrolio ancora tra i 40 e i 50 dollari al barile continua a rallentare gli investimenti internazionali del settore (decisamente più fluidi quando il prezzo è stabilmente attorno ai 70 dollari al barile o superiore) e il referendum sulle trivelle del 17 aprile scorso, secondo alcuni operatori ravennati del settore, ha reso ancor più tepida la voglia delle multinazionali di investire in Adriatico e, più in generale, in Italia.
«Continua lo stato di grave crisi del settore causato dal basso prezzo del greggio - spiega Stefano Silvestroni presidente della sezione ‘Cantieristica, manufatti, offshore’ di Confindustria Ravenna eletto come rappresentante della Rosetti Marino -. Questa pesante congiuntura negativa è aggravata dalla scarsa fiducia nel territorio di Ravenna perché è in ambito italiano che ci sono quote non marginali della popolazione contrarie all’estrazione di gas. Gli investitori internazionali sono molto sensibili ai segnali dati dal territorio e sono più propensi ad andare dove non fanno dispetto a nessuno: ci sono grandi fette del mondo dove nessuno fa problemi a chi investe. Qui ci sono giacimenti e imprese affidabili e all’avanguardia che si trovano in difficoltà, anche per via dell’ostilità che c’è verso l’industria estrattiva e manifatturiera. Posso assicurare che le nostre imprese del settore si daranno da fare per resistere e tornare a crescere: è però inaccettabile la mistificazione che alcuni hanno messo in atto sull’impatto che può avere uno stop alle estrazioni in Alto Adriatico e, più nello specifico, nel ravennate».
«Penso che il gas sia il mezzo più utile per favorire una transizione dai combustibili fossili alle energie rinnovabili che, purtroppo, hanno ancora una marea di difficoltà, in primis lo stoccaggio e quindi la continuità dello stesso - analizza il curatore di Omc e Rem, Innocenzo Titone -. Con Omc 2017 sottolineeremo come tutta la regione del Mediterraneo offra per il futuro del settore uno sbocco molto interessante grazie ai più recenti sviluppi in Egitto, Cipro, Israele e ai nuovi oleodotti da costruire. Vogliamo aprire un confronto sulle nuove opportunità che si aprono in Nord Africa e Medio Oriente. Le oil company stanno già sviluppando le rinnovabili: i norvegesi hanno una fondazione, Eni ha una divisione dedicata e sta costruendo una centrale solare all’avanguardia in Egitto. Omc 2017 potrà essere uno strumento utile in questa discussione. Il referendum diceva molto poco, in quanto la legislazione ha già affrontato la questione delle 12 miglia. Il settore continua a essere fortemente in sofferenza e le imprese non hanno prospettive a livello internazionale: per dare un po’ di ossigeno alle realtà del settore prima che sia troppo tardi bisognerebbe sbloccare le concessioni a livello italiano».
Anche la Bambini srl, che opera nel settore dei trasporti marittimi ed è specializzata nell’erogazione di servizi di appoggio offshore e rimorchio, vive queste difficoltà. «Il nostro settore è in crisi per l’andamento altalenante del prezzo del barile e il referendum ha creato ulteriori danni per via dell’incertezza che ha portato agli investitori - commenta l’amministratore delegato Gianluigi Bambini -. Abbiamo organizzato il 29 aprile scorso una nuova cozzata per rinnovare l’attenzione sul settore e per spingere il Governo, essendo lo Stato italiano il socio di maggioranza di Eni, a investire in Italia secondo le norme di legge e quindi oltre le 12 miglia. Il gas pulito è il nostro trasporto verso il futuro che sono le rinnovabili, al momento non ancora pronte».

Christian Fossi
Foto di Massimo Fiorentini

 
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